di Juri Carlucci, “Cumpanis”
Vladimir Putin, mentre mi accingo a scrivere queste righe, ha appena firmato il decreto di riconoscimento da parte della Federazione Russa delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Luhansk nella regione del Donbass. Un fatto storico che rimodula, necessariamente, tutta la geopolitica del quadrante e rimodella le cartine politiche visto che ad un primo riconoscimento russo seguirà, nel medio periodo, un inglobamento nei confini della Russia.
Dal 2014 le popolazioni russofone di quell’area avevano reagito, insorgendo, contro il colpo di stato orchestrato da Unione europea e Stati Uniti che avevano sostituito un governo legittimo, quello presieduto da Viktor Janukovy?, con uno fantoccio. Gli otto anni che separano la firma di Putin, di Denis Pushilin (DNR – Doneckaja Narodnaja Respublika) e di Leonid Pasechnik (LNR – Luganskaja Narodnaja Respublika), dai fatti di EuroMaidan, sono costati quattordicimila morti e una guerra civile, distruzione e migliaia di profughi, come la marea umana che, nelle ultime ore, fugge dai lanci di mortaio dell’esercito di Kiev, ben foraggio dai Paesi della NATO.
Cosa ci fa la NATO in Europa ? La NATO (Organizzazione e patto militare del nord Atlantico) è stata architettata sostanzialmente per tenere sotto scacco non solo l’URSS e la schiera di Paesi in rapporti con essa ma in particolare i Paesi europei dove forte era la presenza di organizzazioni di sinistra, comuniste, rivoluzionarie che durante la Resistenza al fascismo e al nazismo avevano avuto un ruolo primario e determinante per la sconfitta finale della Germania. Gli Stati Uniti avevano tutti gli elementi per capire quale fosse la portata numerica e politica dei partiti comunisti in Italia, in Spagna, in Francia, perché qui in Europa avevano combattuto e conosciuto uno ad uno i capi della Resistenza, i capi dei partiti, i dirigenti rivoluzionari, e avevano visto le formazioni partigiane in azione, sapevano il loro grado di addestramento militare, conoscevano i documenti e i testi sui quali essi si erano formati negli anni bui dell’occupazione, dell’esilio e del carcere.
Nel secondo dopoguerra, inoltre, vi fu uno scambio capestro. L’aiuto finanziario per la ricostruzione in Europa, dopo lo sfacelo del conflitto mondiale che il governo americano, presieduto da Harry S. Truman, accordò ad alcuni Paesi della Europa continentale (una quindicina di miliardi di dollari circa) avvenne in cambio del sostegno alla creazione, nel 1949, del Patto atlantico, firmato il 04 aprile del 1949. Il “European Recovery Program” (1947 -1951) comunemente ricordato come Piano Marshall dal nome del Segretario di Stato americano dell’epoca, George Marshall, permise, assieme allo stanziamento di somme molto ingenti, l’arrivo in Europa di centinaia di consiglieri economici Usa che iniettarono nel Vecchio Continente la cultura capitalista a stelle e strisce.
L’Italia divenuta Repubblica nel 1946 era molto debole militarmente. Aver accettato nel 1949 di far parte della NATO significò da un lato poter avanzare richieste mirate ad allentare i vincoli del Trattato di Pace e nello stesso tempo veder sovvenzionate le ricostituite Forze Armate dovendo, però, cedere sovranità agli Stati Uniti che non ci pensarono due volte tanto facile stava riuscendo loro l’affare del secolo.
Nel sito web di informazione storica della Marina Militare italiana si può leggere quanto segue : “Il nuovo governo che si formò dopo le elezioni del ’48 dovette prendere atto che l’Europa era ormai divisa in due blocchi contrapposti, e che la sicurezza di un paese dipendeva dall’appartenenza all’uno o all’altro schieramento. Era da poco stata formulata la cosiddetta “dottrina Truman” (marzo 1948), in base alla quale gli Stati Uniti proponevano di aiutare economicamente i paesi europei in difficoltà attraverso il Piano Marshall, ed in questo contesto iniziò una serie di contatti con gli USA per ottenere garanzie di sicurezza in caso di attacco, essendo le Forze Armate nazionali tuttora lontane da una reale credibilità. Il governo di Washington, spinto da motivazioni di carattere politico ma al tempo stesso interessato a mantenere proprie basi nella penisola, d’importanza strategica per il controllo aeronavale del Mediterraneo, convinse l’Italia – già incline ad una scelta in senso occidentale – ad intavolare colloqui per l’inserimento in un’alleanza difensiva. L’Italia aveva scarse possibilità di partecipare attivamente ad un sistema militare integrato, a causa dalla precaria situazione economica e delle perduranti clausole restrittive del Trattato di Pace; la conseguenza più immediata dei contatti con gli Stati Uniti fu perciò un allentamento dei vincoli del Trattato e l’inserimento delle forze armate nazionali nel programma MDAP (Mutual Defense Assistance Programme) di aiuti militari americani.” Non c’è che dire, proprio un bell’affare!
Un assalto all’Europa, quello della NATO, diretto utilizzando un metodo colonialista bello e buono. Dal 1947 gli Stati Uniti con la complicità dei governi degli Stati europei, sia quelli che avevano fondato il Patto originariamente (1949) sia quelli che via via si sono aggiunti nel tempo (ultima new entry, la Macedonia del Nord, nel 2020), hanno determinato un regime politico-militare durante la Guerra Fredda, sino al 1991 e, dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, dal 1991 ad oggi, un regime politico-militare espansionista con caratteristiche imperialistiche.
L’Italia conta addirittura centinaia tra istallazioni, basi atomiche e operative (navali, terrestri, aeronautiche), poligoni, stazioni di telecomunicazioni e radar, caserme, basi di addestramento, depositi armi e munizioni, basi missilistiche etc. etc., con la presenza di testate nucleari, tutto ciò in spregio ad ogni legge nazionale in materia e lontano anni luce dalla salvaguardia della incolumità delle popolazioni civili.
La straordinarietà del Patto Atlantico, sopraggiunta con il tempo, è che non si è dissolto con la cessazione dell’URSS e la decadenza del Patto di Varsavia (1955 -1991) ma, al contrario, decennio dopo decennio, altri Stati europei si sono aggiunti determinando instabilità nei quadranti geografici che corrispondono con le zone di confine tra la Federazione Russa e l’est Europa : ne sono un esempio la Polonia e i Paesi baltici. Il Patto di Varsavia non nasce, dunque, in risposta alla NATO bensì come ricerca di un nuovo equilibrio geopolitico nel momento in cui la Germania dell’Ovest firma l’intesa nordatlantica (1954). I documenti di archivio desecretati dalle cancellerie descrivono le intese (verbali e mai tradotte in accordi vincolanti) nei quali si fa esplicito riferimento alla non espansione della NATO nell’Est Europa. Siamo nel periodo che precede la unificazione della Germania e la cessazione dell’Unione Sovietica. Negli incontri bilaterali tra Michail Gorba?ëv, Helmut Kohl, François Mitterand, George H.W. Bush, James Baker, Hans-Dietrich Genscher, Douglas Hurd, Eduard A. Shevardnadze etc., gli stenografi annotano plurimi ed espliciti riferimenti che contemplano la menzione della salvaguardia dei confini russi e che negano la volontà della NATO di inglobare Stati dell’Est Europa dopo la riunificazione tedesca. Che ciò non sia avvenuto e che ancora oggi sia una sfida alla pace tra i popoli questa continua pressione verso i confini della Federazione Russa da parte dei Paesi NATO (vedi attuale crisi al confine tra Russia e Ucraina) va a discapito delle Amministrazioni a stelle strisce che si sono susseguite dal 1991 ad oggi. Perché non vi è solo la problematica dell’espansionismo, che è una tattica di destabilizzazione degli equilibri geopolitici – che altro sennò ? – ma certamente anche la costruzione del nemico da offendere, e infine la guerra. Se il nemico era l’URSS, dissolta questa ne andava costruito un altro per poi passare all’azione utilizzando il famigerato articolo 5 del Trattato :”Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, … – assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale.” Questo concentrato di astuzia contro la Jugoslavia, nel 1999, non bastò. Così per far entrare in azione i bombardieri la NATO usó non l’articolo 5, inapplicabile, ma l’articolo 4, (o meglio, una sua interpretazione) : “Le parti si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata.” L’infame bombardamento nel cuore dell’Europa durò dal 24 marzo all’11 di giugno, con migliaia di missioni e tonnellate di bombe scaricate. Proprio in quelle settimane – ma queste non sono coincidenze ! – avvennero due fatti rilevanti : il 12 marzo 1999 la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia entrarono a far parte dell’Alleanza Atlantica, dopo l’invito loro rivolto durante il Consiglio atlantico di Madrid del luglio 1997 e tra il 23 e il 25 aprile 1999, durante il Vertice di Washington, furono definite le linee di sviluppo dell’Alleanza atlantica per il XXI secolo, con l’approvazione di un Nuovo concetto strategico (che sostituì quello del 1991, stilato nella adunata NATO di Roma), che rifletteva il mutato scenario della sicurezza euro-atlantica, con l’intento di regolare la politica della sicurezza e della difesa dell’Alleanza, i suoi concetti operativi, l’assetto delle sue forze convenzionali e nucleari e le disposizioni sulla sua difesa collettiva (cfr. Camera dei Deputati – XVI LEG. SERVIZIO STUDI).
La NATO così come è stata costituita, costruita e rimodellata durante i tanti vertici sin qui succedutisi è una organizzazione militare predisposta unicamente alla sopravvivenza di un solo Stato, gli USA, a discapito di tutti gli altri, compresi gli Stati aderenti. Per questo suo bisogno fondamentale ed irrinunciabile a fare la guerra, cannibalizza risorse ed energie dagli stati membri (per ora il 2% del PIL, sulla carta). Per questo conquista nuovi territori con il cosiddetto espansionismo che sarà spinto – è una mia previsione – sino ai Paesi del nord dell’Africa, ad Israele, ai Paesi dei Balcani.
Oggi vediamo la mossa del cavallo verso l’Ucraina, andata a monte grazie all’intervento della Federazione Russa. La posta in gioco è altissima perché lo scontro militare, è noto, tra potenze nucleari non lo può vincere nessuno. Eppure l’ignobile governo nordamericano segue la strada dell’unilateralismo, portando l’asticella sempre più in alto. Scrive Manlio Dinucci : “Nella escalation Usa-Nato, che ci porta sul baratro di una guerra su larga scala nel cuore dell’Europa, entrano in gioco le armi nucleari. Fra tre mesi inizia negli Usa la produzione in serie delle nuove bombe nucleari B61-12, che saranno schierate sotto comando Usa in Italia e altri paesi europei, probabilmente anche dell’Est ancora più a ridosso della Russia. Oltre a queste, gli Usa hanno in Europa due basi terrestri in Romania e Polonia e quattro navi da guerra dotate del sistema missilistico Aegis, in grado di lanciare non solo missili anti-missile ma anche missili Cruise a testata nucleare. Stanno inoltre preparando missili nucleari a raggio intermedio, da schierare in Europa contro la Russia, il nemico inventato che può però rispondere in maniera distruttiva se attaccato.”
La colonizzazione USA che richiamavo prima è volta a realizzare una subalternità dei Paesi aderenti, dove il primo è egemone sui secondi, e questi vanno controllati e condizionati perché rivestono la duplice sembianza di alleati e concorrenti politici.
L’Italia non può più permettere questo scempio e deve assolutamente rivedere la sua presenza all’interno del Patto atlantico, lasciando questa strada che non è conforme ne al dettato costituzionale, che non menziona un rifiuto della guerra formale ma sostanziale, ne è conforme alla volontà popolare che, nella stragrande maggioranza chiede lavoro e salvaguardia del territorio, maggiori servizi e cooperazione con gli altri popoli del pianeta. L’Italia deve uscire dalla NATO prima che sia troppo tardi dichiarandosi Paese neutrale, terminando la cessione del territorio ora occupato da installazioni militari USA/NATO di varia entità.
Le comuniste e i comunisti devono giocare un ruolo determinante nel diffondere una cultura che non pregiudichi mai l’amicizia con gli altri Paesi e gli altri popoli, volta a salvaguardare le poche risorse disponibili per il bene collettivo. La seconda Guerra Mondiale ha distrutto tutta l’Europa e provocato decine di milioni di morti anche in Unione Sovietica. Non si può più, dunque, neanche ipotizzare un conflitto, ne regionale, ne planetario. Oggi siamo chiamati tutte e tutti a dare un contributo per sostenere sia questa posizione contraria alla guerra, sia l’unità delle lavoratrici e dei lavoratori, l’unità dei comunisti e delle comuniste.
FONTE
L’Antidiplomatico
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