Viva Mattarella, sgorga spontaneo dal petto di tanti italiani.
Per il semplice, elementare fatto che il suo apparire (anzi-riapparire) mostra quanto il re sia nudo, quanto questi partiti ormai non esistano più, siano letteralmente scoppiati, implosi, deflagrati lasciando alle loro spalle un cumulo di macerie, come neanche dopo il terremoto del 1980 oppure il più gigantesco tsunami.
Nel giro di neanche una settimana, i politici di casa nostra, tutti, nessuno escluso, hanno mostrato agli italiani non solo di rappresentare il peggio del peggio della società italiana, riscattando quindi il detto ‘ogni popolo ha quel che si merita’.
Stavolta no. Per oltre un decennio gli italiani sono stati letteralmente scippati del loro diritto di voto, come neanche sotto le peggiori dittature, come neanche presso le più retrive tribù della foresta.
E’ quindi proliferata, in questo decennio e passa, una classe che neanche si può definire ‘politica’, il che implica una minima visione delle cose. NO: una banda di politicanti, al massimo, per nulla interessati ai destini del proprio Paese, dei cittadini, dei connazionali, alle delicatissime questioni della salute o dell’ambiente. Interessati solo a mantenere le loro poltrone (guai alle elezioni!), a spartirsi fette o fettine di potere, a coltivare i lori orti e orticelli, a regalare consulenze a parenti od amici, a fare in modo sistematico quanto hanno già patto con la prima repubblica i vecchi Dc e Psi, ad esempio, ma senza lontanamente avere un briciolo di quella antica visione politica.
Tanto da farci rimpiangere quei partiti d’un tempo, quei politici del secolo scorso: almeno allora c’erano delle ideologie autentiche, ci si divideva e contrastava frontalmente, ci si spaccava per idee. Insomma, tangenti allora e tangenti oggi. Ma almeno allora il livello culturale e politico c’era, adesso totalmente azzerato. Quel che raccapriccia, oggi, non è solo il fatto che questa classe ‘politica’ (sic) rubi, continui a saccheggiare le casse dell’erario impunemente, perché tanto sa che la giustizia è essa stesso allo sfascio (quindi incapace) oppure complice. Ma perché è caratterizzata da una profonda, abissale ignoranza, da una totale incultura. Ed è veramente disperante per tanti cittadini vedersi (s)governati da mandrie – a livello centrale e locale – di ladri, corrotti e pure ignoranti. Da 416 bis e anche da sotto-asilo d’infanzia: un inarrivabile primato.
La situazione è poi precipitata da due anni, con la pandemia. Che ha di fatto commissariato il Paese, tuffandolo in una emergenza che è stata ormai, da lorsignori, istituzionalizzata. Viviamo in una democrazia inesistente, solo di facciata, di carta: e neanche più di tipo ‘costituzionale’ perché la Carta, quella vera, è stata stracciata, fatta a pezzi, oltraggiata, calpestata nel più rozzo e sconcio dei modi.
Siamo alle prese con il Super Commissario Mario Draghi, l’ex capo della BCE che è la perfetta marionetta dei sempre più forti – è proprio il caso di dire – Poteri Forti. E oggi, verrebbe da aggiungere, l’espressione più riuscita, il clone più azzeccato di quel ‘Great Reset’ di cui in parecchi parlano all’estero, e di cui da noi è vietato far cenno: basta vedere l’autentica crocefissione alla quale è stato sottoposto Carlo Freccero, praticamente oscurato dai media di casa nostra dopo aver pronunciato quelle due impronunciabili parole.
E adesso ci ritroviamo, per altri sette anni, forse per compensazione, anche il Super Commissario ‘Buono’ Sergio Mattarella, il nonno (ma non si era definito tale anche Draghi nella conferenza stampa natalizia?) che aveva già riempito gli scatoloni con tutte le vestigia del suo settennato, che aveva già trovato (e fittato) l’appartamentino dove avrebbe dovuto trascorrere una tranquilla vecchiaia con i suoi cari, sfogliando il ricco album dei ricordi. E invece, arieccolo in pista, più pimpante che pria!
Sorge spontanea la domanda. Ma se doveva essere Mattarella bis, come mai i partiti (se vogliamo chiamarli ancora così, altrimenti meglio dir le ‘larve’) ci hanno messo cinque giorni per capirlo, esponendosi a figuracce colossali, da circo Barnum, davanti a tutto il mondo? Neanche un minimo senso di vergogna anima più tali formazioni larvali?
Però, diciamolo francamente, li dobbiamo ringraziare. Proprio per averci offerto uno spettacolo che più indecoroso non si può, per essersi prestati alla più miserevole delle sceneggiate possibili. In sostanza, per essersi ‘suicidati’ in diretta, davanti ai nostri occhi, senza più alcuna vergogna, senza uno straccio di pudore residuo.
A questo punto, come abbiamo fatto altre volte in occasione di alcune tornate elettorali, cerchiamo di stilare una classifica, come si diceva un tempo, di fare delle pagelle, dare un po’ di voti a queste larve, a simili ectoplasmi che vagolano nel nostro desolante deserto politico. Nello schema rientrano anche alcune figure istituzionali.
DRAGHI MARIO – Voto 1 – Partiamo dal numero uno e gli affibbiamo un 1 per la colossale figuraccia di fine anno, quando nella conferenza-autogol, vestito da Babbo Natale nonché da nonno, si autocandidò per il Quirinale in un modo che più sfacciato non si può, lasciando impietriti i dietrologi e gli interpreti degli arcani della politica. Lui fu di una franchezza e di una chiarezza disarmanti: ho finito il mio ruolo di premier – disse – abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare sia sul fronte economico per mettere in sicurezza i fondi del PNRR, sia sul fronte del contrasto alla pandemia. Adesso è sufficiente un esecutore. Quindi io mi faccio da parte, basta un Franco o una Cartabia qualunque e il gioco è fatto. Io posso tranquillamente salire al Quirinale e farmi sette anni: in questo modo, cominciamo sul serio il cammino verso una repubblica presidenziale o, se preferite, un Monarchia illuminata.
Resta da chiedersi: come mai il giochetto non è riuscito? Solo per la sollevazione dei peones? Per un sussulto delle larve-partito? O cosa?
Resta ora però un grosso interrogativo sul tappeto: riuscirà un premier zoppo, metà delegittimato perché non gli è, appunto, riuscito il salto al Colle, a governare la Barca Italia per un altro anno, fino alle elezioni?
Non farebbe meglio a mettere a segno il classico beau gest, rassegnando le sue dimissioni? Anche per un minimo di dignità? O vorrà fare ancora – non richiesto da alcun italiano – il Salvatore della Patria?
CASELLATI Maria Elisabetta – Voto 2 – Peccato, aveva svolto fino ad oggi con diligenza il suo compitino sulla poltrona più alta di Palazzo Madama. Esce dalle ‘presidenziali’ con le ossa rotte, anche lei dimezzata, e forse non per sua precisa volontà, anche se non potrà accampare la scusa di essere stata gettata nella mischia ‘a sua insaputa’. Colpevoli del micidiale harakiri Salvini e Meloni, che sol per questo meritano uno zero spaccato. Incredibile ma vero, all’operazione non ha preso parte Forza Italia, da cui pure Casellati era stata espressa al momento dell’elezione del numero uno del Senato. E, ancor più incredibile, il gatto e la volpe (Meloni e Salvini) hanno poi accusato Berlusconi di tradimento. Una sceneggiata nella sceneggiata. Per Casellati, a questo punto, vale lo stesso discorso fatto per Draghi. Farebbe meglio a rassegnare le sue dimissioni. Non lo farà. E ora, avremo un mezzo presidente del Senato. Capace di guidarlo con quale residua autorevolezza?
CONTE Giuseppe – Voto 1 – Totalmente incapace di guidare un movimento che ormai non esiste più, sia sotto il profilo politico che numerico e, soprattutto, della credibilità e affidabilità. Ma, ancor più, ormai privo di una residua identità, la pecca ora più macroscopica. L’ultima figuraccia, in termini cronologici, il tentativo di resuscitare l’alleanza gialloverde, con il penoso tentativo di trovare un accordo con Salvini per “una donna presidente”. Da avanspettacolo.
DI MAIO Luigi – Voto 1 – Tanto per restare in campo pentastellato e restare al voto 1, non vanno dimenticati i conati da statista dell’ex steward allo stadio San Paolo (ora ‘Maradona’) di Napoli, oggi ministro degli Esteri. E proprio all’estero gli viene riconosciuta l’ottima riuscita nell’apprendimento ‘fast’ dell’inglese. Peccato zoppichi ancora in storia, anche quella più recente, di appena qualche anno fa. Quando capitanò le truppe pentastellate per chiedere l’impeachment del presidente Mattarella, macchiatosi del più grave attacco alla Costituzione. E oggi lo statista Giggino da Pomigliano d’Arco è il più strenuo, convinto sostenitore del Mattarella 2. Viva la coerenza.
GRILLO Beppe – Voto 1 – Completiamo il tris stellare, ahinoi, con il fondatore e patriarca. Solo per segnalare il suo fiuto politico. 24 ore fa, infatti, era stato il più acceso sostenitore della candidatura Belloni, la capa dei Servizi segreti di casa nostra. Un nome, autorevole, durato neanche lo ‘spazio di una notte’. Meglio tornare alle battute da Bagaglino: o fanno cilecca ormai anche quelle?
BERLUSCONI Silvio – Voto 3 – Esce meno massacrato di tanti altri.
Perché è riuscito a comportarsi da comico di razza qual è, da sempre: al contrario di Grillo, incapace ormai anche a far ridere. Ridicolo, infatti, il tentativo del Cavaliere di scendere sul terreno di gioco, contando sullo scouting di Scoiattolo-Sgarbi, inviato speciale a caccia di voti in campo nemico, si fa per dire. A due giorni dalla prima ‘chiama’ alle urne fiuta – con penoso ritardo – l’aria che tira, fa il beau gest, ma con una buona dose di ironia, adducendo motivi familiari. Si riscatta precedendo la truppa bipartizan, sul filo dei secondi, nell’implorare a Mattarella di accettare il bis.
LETTA Enrico – Voto 3 – Mentre gli altri si sono sbracciati e hanno corso dappertutto facendo collezione di figuracce e di autogol, dentro un perfetto copione ‘suicidiario’, lui è stato fermo, non ha mosso un dito, ha parlato poco e quindi detto meno sciocchezze di tutti. Un leader Nessuno, un politico che più scolorito non si può, senza uno straccio di identità, incapace, quindi, di conferire alcuna identità – quindi riconoscibilità – alla formazione politica che si è trovato a condurre, quasi per caso, nel dopo Zingaretti. Avrebbe fatto meglio a godersi Parigi, beato lui. Però, gli va riconosciuto, non ha fatto danni colossali: nel senso, non ha fatto niente di rilevante, niente di speciale, almeno non ha distrutto quel poco che c’era, come invece hanno fatto tutti i suoi avversari (sic). E non si è smentito in questa occasione: è stato fermo, immoto mentre gli altri combinavano le più colossali cazzate possibili.
MELONI Giorgia – Voto 3 – Le abbiamo già appioppato uno zero spaccato, in condominio con Salvini, per la pantomima-Casellati. Si rifà, e quindi risale nella classifica dei voti, perché come al solito si distingue dal truppone degli scodinzolanti al seguito del Pifferaio Draghi. Anche perché non si accoda – e certo mai avrebbe potuto farlo, per non perdere il po’ d’identità che resta ai suoi Fratelli d’Italia – alle stucchevoli e francamente vomitevoli fanfare pro Mattarella bis: lo ribadiamo, non per Mattarella, ma per il profondo senso di disgusto che suscitano i suoi penosi acclamatori. Altra piccola benemerenza: il voto tributato a Guido Crosetto, il gigante buono, una mosca bianca di questo sgarrupato teatrino, uno dei pochi signori in circolazione.
RENZI Matteo – Voto 1- – Chiariamo per questione di trattini forse poco chiari: non raggiunge il voto 1. Perché ha cercato in tutti i modi di procedere secondo l’ormai rituale ruolo di king maker oppure di sfascia-governi e non c’è riuscito. Eppure, siamo certi che – dagli abissi del ridicolo nel quale è sprofondato – proverà a sostenere: ma non vi ricordate che Mattarella l’ho tirato fuori io dal mio cilindro magico sette anni fa? Ha cercato di essere presente in tutte le combinazioni possibili, a destra e a manca. Inanellando figure barbine da autentico guinness dei primati. E sponsorizzando, senza farlo troppo vedere, il nome di Casini. Farebbe meglio a ritirarsi per sempre dalla politica. Stavolta sul serio: ricordate quando lo aveva promesso in caso di sconfitta al referendum sulla Costituzione che poi perse in modo rovinoso? Non è mai troppo tardi, Renzi: togli il disturbo.
SALVINI Matteo – O + – Lo scriviamo meglio: supera di un pelo la soglia dello 0, e quel più è assegnato per un puro senso di pietà umana. Come politico, se mai è esistito, adesso è morto e sepolto. Voleva essere l’erede di Berlusconi, il super Capo della Destra, che invece ha raso al suolo in prima persona. E ci vorranno sforzi titanici, ora, per ricostruirla da quelle macerie che più rovinose non si può. Aveva già provveduto ad auto-delegittimarsi fornendo un contributo basilare alla nascita del governo Draghi. Ora, se ce n’era bisogno, completa la frittata. Ridicoli, oltre che penosi, i suoi tentativi di svolgere il ruolo di king maker per il nuovo capo dello Stato. Da avanspettacolo i riabbracci con Conte, per una sponsorizzazione gialloverde al neo inquilino del Colle. Ha avuto perfino il coraggio, con la Meloni, di accusare Berlusconi per la pantomima-Casellati. Il peggio del peggio che nemmeno un dilettante della politica mandato allo sbaraglio sarebbe stato in grado di combinare. Avesse i marroni leghisti dovrebbe dimettersi stanotte. Utopia.
SPERANZA Roberto – Voto 1- – Lo citiamo per pura cronaca, in quanto rappresentante di una frattaglia politica che si chiama Leu, che conta meno del due di briscola pur annoverando nei suoi armadi burosauri, pur simpatici, del calibro di un D’Alema e di un Bersani. La sua presenza – quella di Speranza – nonché della suddetta Leu non è stata avvertita da alcun italiano neanche come il ronzio di una mosca. Il meno, accanto al voto 1, è attribuito a Speranza per meriti sul campo, ossia in quanto ministro della Salute dall’inizio della pandemia, e cioè sia a bordo del Conte 2 che dell’esecutivo Draghi. Una politica nefasta, che non è azzardato definire criminale: visti gli esiti da decine di migliaia di morti prodotti con il diktat governativo ‘Tachipirina e vigile attesa’ per fronteggiare il covid, e viste le prime risultanze dell’inchiesta della procura di Bergamo per la mala-gestione pandemica nella Val Seriana.
Nel possibile rimpasto del governo Draghi (o di quel che ne resterà sul campo, viste le avvisaglie targate Giorgetti) c’è solo da augurarsi che voglia togliere il disturbo: per dedicare il necessario tempo a predisporre le memorie difensive in vista dei suoi processi.
CASINI Pierferdinando – Voto 2 meno – Ha cercato in tutti i modi possibili di arrampicarsi sul Colle più alto, coprendosi di ridicolo. E a poco serve il beau gest (l’ennesimo in questa vergognosa sceneggiata presidenziale) di ritirare il proprio nome e invitare al voto per Mattarella a tempo largamente scaduto. Certo, per molti inquilini di questo sgarrupato Parlamento, il suo nome avrebbe rappresentato il riscatto della politica. Una politica tutta italiana, radicalmente ispirata al più puro trasformismo: Dc a tutto tondo, anzi rappresentante dell’ala cattolica e profondamente conservatrice dello scudocrociato, votato dal centrodestra a trazione berlusconiana numero uno della Camera, quindi rieletto con la maglietta del PD nel collegio rosso di Bologna. Indubbiamente primatista nel cambio di casacca, il Casini. Ma a questo punto, Dc per Dc, non era poi meglio un casareccio Clemente Mastella, con il quale del resto ha condiviso cento battaglie?
AMATO Giuliano – Ironia del destino, poteva essere il jolly a sorpresa per il Quirinale, e investe nello stesso giorno fatidico del Mattarella bis gli arriva la nomina a numero uno della Corte Costituzionale. Ha avuto il buongusto – al contrario di Casini – di non manifestare mai interesse per la corsa presidenziale. Forse, avrebbe voluto che altri lo tirassero per la giacchetta e in ballo per le fatidiche rose. E avrebbe potuto rappresentare un clone certo meno impresentabile proprio di Casini, in quanto ex pezzo da novanta della prima repubblica in salsa socialista. Craxiano doc d’un tempo, poteva certo non dispiacere a Berlusconi; e certo gradito al Pd, per le sue ultime militanze. Quindi ben accetto da quella società civile anche per le sue doti in quel sempre minato campo della giustizia, che lo hanno poi portato al vertice della Corte Costituzionale. Per certi versi, anche un clone socialista del democristiano Mattarella, altro giurista di fama.
MATTARELLA Sergio – Voto 5 – Di stima, e per averci permesso di conoscere, fino in fondo, il degrado di quelle istituzioni che lui, quasi paladino nel deserto, dovrebbe ora ri-difendere. Sembra davvero il capitano Drogo nel mitico ‘Deserto dei Tartari’ del grande Dino Buzzati. E con Mattarella di nuovo in campo ci rendiamo ancora una volta conto che – forse non è vero ma poi ci crediamo – alla fine moriremo sul serio tutti democristiani.
P.S. Un sentito grazie, a Mattarella, da tutta la redazione della Voce. Ci ha infatti consentito di realizzare una cover story del genere, con tanto di voti e classifiche, come non ci capitava da tempo. Figuratevi, ad esempio: cosa avremmo dovuto arrampicarci a scrivere se saltava fuori il nome di un Casini? Una biografia senza sale buttata lì e che più?
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