Gara televisiva aperta di primo mattino, per anticipare tutti nel mostrare le prime pagine dei quotidiani. Interessante. A osservatori attenti e normalmente informati le scelte di cosa mettere nella vetrina delle testate offre l’opportunità di sondare il loro orientamento di giornata sui temi caldi, di grande attualità: Covid, strumenti di repressione della violenza sulle donne, gli emigranti che muoiono di stenti ai confini dei Paesi razzisti di cui l’Europa dovrebbe liberarsi per non esser complice di crimini contro l’umanità. Spazi più o meno ampi sono dedicati allo sport, o meglio (o peggio), quasi esclusivamente al calcio. Di qui la curiosità di osservare la completezza comunicativa del quotidiano fagocitato dal gigante dell’editoria Gedi, alias Fiat. La madame del calcio italico, che non è proprio pura come una verginella (‘caso Suarez’, dell’asso sudamericano, che in via di trasferimento alla Juventus, poi sfumato, sostenne un finto esame di italiano organizzato dal club bianconero in combutta con gli esaminatori), in terra britannica ieri sera ha subìto l’onta di un sonoro 4 a 0. Sulla bruciante umiliazione nessun cenno nella prima pagina di la Repubblica, in controtendenza alla sua prassi di pubblicare riquadrati con l’esito di partite clou del giorno prima. Glisson, lasciamo a Cesare quel che è di Cesare, fatti loro o quasi. Altre questioni calcistiche meritano attenzione e il pensiero corre veloce al Napoli, costretto ad affrontare la sfida europea con i russi dello Spartak Mosca con il serio handicap di una formazione rabberciata: out Osimhen, vittima della sua irruenza giovanile, zigomo fratturato, coinvolto un occhio. Lo rivedremo in campo nel 2022, è il terzo guaio che lo sottrae al compito di goleador degli azzurri. Out Anguissa, fondamentale perno di un centrocampo per di più menomato dall’indisponibilità di Demme. Out Insigne, alle prese con un problema fisico e uno mentale sul suo futuro, fuori anche Rrahmani (punizione per la partita imperfetta con l’Inter? e Manolas, malato di patriottismo ellenico. Fuori Politano. Che succede chiederebbe Geppi Cucciari nel suo format preserale di Rai 3. La risposta rimanda alla religiosità dei napoletani, stupiti per il mancato intervento di San Gennaro sullo stato di salute dei giocatori azzurri infortunati e preoccupati per la possibile vendetta di San Paolo, spodestato dallo storico titolo dello stadio di Fuorigrotta da San Diego Maradona. Al via di questo round del campionato di Serie A girava la considerazione sulla ricchezza dell’organico affidato a Spalletti, sull’abbondanza di giocatori compatibili con due formazioni di pari qualità. Niente di più sbagliato. Se viene meno Osimhen non soddisfa l’alternativa Mertens e Spalletti sembra giudicare Petagna uomo degli ultimi cinque minuti, nella speranza che con la sua stazza svetti di testa sui calci piazzati. L’alternativa a Mario Rui, protagonista di buone e mediocri partite, non è Malcuit, sottostimato da Spalletti e neppure Juan Jesus, accettabile tappa buchi. Lozano non mantiene quanto promette il suo brillante curriculum, Lobotka è la brutta copia di Allan e Fabian rende al massimo se libero da compiti di regia a centrocampo, ruolo che dimostra platealmente di non gradire. Spalletti, protagonista alla ribalta, si consola con selfie stranamente rassicuranti sulle chance del Napoli e se qualcosa degli azzurri non convince ricorre alla censura: “Per vincere ci vuole coraggio” (riferimento alla sconfitta con l’Inter), ma non spiega perché la squadra ha poca personalità, perché ancora non c’è traccia del suo modello di gioco. Che dire? San Gennaro, in fraterna sintonia con il rabbuiato San Paolo, torni a benedire l’azzurro sbiadito del Napoli.
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