MARCO PANTANI / MIRACOLO! CASO RIAPERTO, LA PISTA E’ ‘OMICIDIO’  

Forse qualcuno oggi, miracolosamente, si accorge che Marco Pantani è stato ammazzato. Dopo la bellezza di 17 anni da quel tragico 14 febbraio 2004, giorni di San Valentino, quando il suo corpo venne trovato privo di vita nel residence ‘Le Rose’ di Rimini.

Tante volte ammazzato, il mitico ‘Pirata’, oltre che dai suoi killer e dai relativi mandanti.

La prima volta a Madonna di Campiglio, quando vennero taroccate le provette e il suo ematocrito schizzò alle stelle, per estrometterlo da quel maledetto Giro del 1999. Poi il 19 settembre 2017, San Gennaro, quando la Cassazione archiviò il giallo della morte, nonostante una mole di prove schiaccianti.

Quindi ancora con le altre archiviazioni. Compresa quella decretata dalla   Direzione Antimafia di Napoli, secondo cui non c’erano prove sufficienti per dimostrare che quel Giro era stato comprato dalla camorra, nonostante, anche stavolta, la mole di prove e testimonianze di ‘pentiti’ che lo avevano riferito (anche se ‘de relato’, rammentando cioè quanto detto da altri camorristi).

Adesso un barlume di speranza. Se ne viene a conoscenza solo oggi, in occasione della fresca verbalizzazione, davanti ai pm della procura di Rimini, della madre del campione, Tonina Belletti, che ha sempre dichiarato, e lo ha ribadito anche adesso: “Il mio Marco è stato ammazzato, ne sono sicura, ci sono troppe cose che non tornano, tante bugie e mai la verità”.

Tonina Belletti

Ma come mai si è riaperto il caso, dopo tante montagne di naftalina? Perché due anni fa, nel 2019, la Commissione Antimafia (ve ne ricordavate?) ha ascoltato come teste Fabio Miradossa, il pusher che aveva fornito la coca al Pirata nei suoi mesi trascorsi a Rimini. Miradossa venne anche processato rapidamente, nel 2005, proprio per aver fornito quella droga. Patteggiò una piccola pena e tutto finì lì.

Due anni fa la Commissione parlamentare lo sente e lui dichiara: “Marco è stato ucciso nel residence. Lo avevo conosciuto 5-6 mesi prima della sua morte e non mi sembrava proprio una persona che avesse intenzione di togliersi la vita. Era sempre alla ricerca della verità su Madonna di Campiglio, ha sempre detto che non si era dopato”.

All’indomani di quella clamorosa verbalizzazione, del tutto minimizzata dai media (tranne ‘Le Iene’, che hanno sempre puntato i riflettori sul giallo), la Voce l’8 gennaio 2020 scrive un’inchiesta così titolata: “Giallo Pantani / E’ stato ucciso, verbalizzazione choc davanti alla Commissione Antimafia”. 

Al termine dei suoi lavori, la Commissione ha inviato il fascicolo alla procura di Rimini, e questa ha deciso – udite udite – di riaprire il caso: il fascicolo è ‘contro ignoti’ e la pista è – vivaddio, dopo un’eternità – quella dell’omicidio.

Una domanda sorge spontanea: come mai tanto tempo prima che si venisse a sapere della riapertura del caso? Cosa hanno prodotto gli inquirenti in questi due anni di lavoro?

“Siamo in una fase di massimo riserbo delle indagini”, rassicura il nuovo legale della famiglia Pantani, Fiorenzo Alessi, che – afferma la mamma di Marco – “conosceva bene mio figlio ed è un appassionato di ciclismo”.

Strano, comunque, che non ci sia più, a seguire la vicenda, lo storico legale di casa Pantani, il bolognese Antonio De Rensis, il quale sia per la   tragica fine del campione al ‘Le Rose’ sia per la questione-Giro ha prodotto valanghe di documenti.

L’avvocato Antonio De Rensis

La Voce ha scritto, nel corso degli anni, decine e decine di inchieste, documentando per filo e per segno di come si sia trattato di un chiaro omicidio dovuto al fatto che Marco stava man mano alzando gli ‘altarini’ sul fronte di doping & corruzioni nel mondo del ciclismo e fosse intenzionato a denunciare fatti & misfatti, con tanti di nomi e cognomi ; e di come quel Giro del ’99 fosse stato comprato dalla camorra che minacciò i componenti dell’equipe medica la quale aveva effettuato i test, manipolandoli. Ve ne proponiamo alcuni che potete leggere cliccando sui link in basso. Comunque, in archivio (andando sul ‘cerca’ e scrivendo ‘Marco Pantani’), ne troverete tanti altri.

Di “200 anomalie” scrisse l’avvocato De Renzis a proposito della scena del crimine, al residence ‘Le Rose’: una sfilza di elementi che portavano chiaramente a delineare i contorni di un delitto e non di un suicidio, come ha sostenuto con forza la procura di Forlì.

E un altro ponderoso memoriale venne inviato da De Renzis alla DDA di Napoli, dopo l’archiviazione griffata Forlì, su quel Giro falsato. Napoli era competente territorialmente visto che proprio le toghe di quella procura avevano più volte ascoltato le verbalizzazioni di non pochi pentiti: gli stessi che poi hanno parlato della combine al Giro.

All’indomani delle dichiarazioni di Miradossa davanti all’Antimafia, De Renzis, l’8 gennaio 2020, ha rilasciato un’intervista a ‘Radio Cusano Campus’. Eccone un significativo passaggio.

La commissione parlamentare antimafia

“Quando Miradossa, napoletano che all’epoca aveva legami con la malavita a Napoli ed era uno dei più grossi spacciatori a Rimini, dice di aver patteggiato perché si è reso conto che il procuratore non voleva la verità e che Pantani è stato ucciso, dice una balla o forse sa tutto? In un Paese normale mi aspetto che la Procura lo chiami e gli chieda spiegazioni. Ma se questo non accade, non è un problema per la famiglia Pantani, bensì per tutti noi che abbiamo il diritto di pretendere dai magistrati che venga fatto l’impossibile per cercare la verità. Qualunque persona di buon senso dovrebbe dire: come mai Miradossa dice queste cose davanti alla Commissione Antimafia e non succede niente? Io sono convinto che Miradossa sappia perfettamente che Pantani è stato ucciso”. Forse anche da chi?

Solo un cieco poteva non vedere tale massa di prove documentali, di elementi tali da far drizzare i capelli ad un calvo.

Ma così è stato. E i ciechi sono stati più d’uno. Ed in vari tribunali e procure, compresa la Cassazione. Questa è la giustizia (sic) di casa nostra.

Sono passati tanti anni tra errori & orrori d’ogni sorta. Abbiamo un Palamaragate alle spalle.

Forse è maturato il tempo per una giustizia che abbia almeno una lontana parvenza d’essere – una volta tanto – giusta?

 

 

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