La prossima stagione influenzale potrebbe essere un disastro

Non solo siamo di fronte a tentativi sempre più aggressivi per costringerci a partecipare ad un esperimento di vaccinazione di massa per la COVID-19 sconsideratamente pericoloso, ma i media mainstream stanno ora alimentando le preoccupazioni per la prossima stagione influenzale. Come riportato da NBC News [1]:

“Più di un anno dopo l’inizio della pandemia, la Covid-19 sta ancora devastando diverse parti del mondo, ora però gli scienziati avvertono che un’altra patologia virale potrebbe costituire una seria minaccia nei prossimi mesi: l’influenza.

In questa stagione, negli Stati Uniti l’influenza è praticamente scomparsa, con meno di 2.000 casi confermati in laboratorio fino ad oggi, secondo i Centers for Disease Control and Prevention [2]. In una tipica stagione influenzale, e in questo periodo dell’anno, negli Stati Uniti potrebbero esserci più di 200.000 casi confermati in laboratorio, una piccola frazione del vero numero di casi, stimato tra 9 milioni e 45 milioni all’anno…

Secondo alcuni scienziati, come il dottor Andy Pekosz, professore di microbiologia alla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, ad un anno senza molta influenza potrebbe seguire un anno con molta influenza.

‘Abbiamo passato più di un anno senza che una parte significativa della popolazione fosse infettata dall’influenza e ne acquisisse l’immunità,’ ha detto Pekosz. ‘Questo potrebbe significare che nella popolazione generale le persone suscettibili all’influenza stanno per aumentare.’”

 

Mascherine e distanziamento sociale hanno eliminato l’influenza?

Secondo NBC News [3], le misure di contenimento della COVID-19, come l’uso universale delle mascherine, il distanziamento sociale e ilockdown, avrebbero impedito la trasmissione dell’influenza durante la stagione 2020/2021. Beh, come dice il vecchio detto: “Se ci credi, ho un ponte da venderti.”

Prima di tutto, l’idea che le mascherine e il distanziamento sociale abbiano magicamente sradicato l’influenza, non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo [4] non è supportata da nessun lavoro scientifico serio, e  la maggior parte di questi lavori era stata fatta proprio per valutare il loro comportamento contro i virus influenzali.

Ne esaminerò alcuni qui di seguito.

L’idea che le mascherine funzionino è poco plausibile anche per il semplice fatto che le statistiche su casi, ricoveri e mortalità della COVID-19 sono state tutte massicciamente manipolate. Semplicemente, non si può dire quanti dei cosiddetti casi di COVID-19, ricoveri e, probabilmente, anche morti, fossero, a tutti gli effetti, casi di influenza.

Tutti, ovunque, venivano testati per la COVID-19. Non per l’influenza. E chiunque presentasse sintomi simili a quelli dell’influenza veniva automaticamente considerato affetto da COVID-19. Anche se un paziente veniva diagnosticato come affetto da influenza, bastava un test COVID falsamente positivo per cambiare la diagnosi da influenza a COVID-19.

Certo, ogni anno un particolare ceppo di virus influenzale tenderà a predominare (ma varierà da regione a regione), ma non è mai presente al 100% un solo ceppo. Quindi, la probabilità che praticamente tutte le infezioni di quest’anno siano dovute al SARS-CoV-2 è, a dir poco, ridicola.

Infine, se le mascherine e il distanziamneto sociale avessero funzionato come per magia e avessero prevenuto la diffusione dell’influenza, perché queste misure non hanno sradicato il SARS-CoV-2? Semplicemente non si possono avere entrambe le cose. Mascherine e distanziamento sociale non possono aver bloccato l’influenza e, contemporaneamente, non aver avuto alcun impatto misurabile sulla COVID-19.

 

Sappiamo da tempo che le mascherine non funzionano contro l’influenza

I lavori attualmente disponibili dicono tutti la stessa cosa: indossare la mascherina non riduce l’incidenza delle malattie virali delle vie aeree superiori e la maggior parte di questi studi aveva esaminato specificamente l’influenza. Ad esempio, un documento per la revisione delle linee guida [5], pubblicato su Emerging Infectious Diseases nel maggio 2020 e che aveva esaminato 10 studi randomizzati controllati, aveva rilevato che non c’era stata “alcuna riduzione significativa della trasmissione dell’influenza con l’uso delle mascherine facciali.

Nel 2019, una revisione degli interventi per le epidemie influenzali pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva concluso che le prove dell’efficacia delle mascherine facciali erano scarse e che i minimi benefici ricavati avrebbero potuto essere semplicemente dovuti al caso [6]:

“Dieci RCT [studi randomizzati controllati] rilevanti sono stati identificati per questa revisione e [sono stati sottoposti a] meta-analisi per quantificare l’efficacia dell’uso di mascherine facciali a livello di comunità …

Nell’analisi combinata, anche se le stime puntuali hanno suggerito una riduzione del rischio relativo nell’influenza confermata in laboratorio del 22% nel gruppo delle mascherine facciali, e una riduzione dell’8% nel gruppo che indossava mascherine facciali ma che non era tenuto a rispettare l’igiene delle mani, le prove erano insufficienti per escludere il caso come spiegazione del ridotto rischio di trasmissione.”

Allo stesso modo, una nota di orientamento del 2020 dell’OMS aveva sottolineato che [7]:

“Al momento, non ci sono prove dirette … sull’efficacia dell’uso generalizzato a livello di comunità delle mascherine in persone sane nella prevenzione delle infezioni da virus respiratori, compresa la COVID-19.”

Una meta-analisi e una revisione scientifica [8] condotta dal rispettato ricercatore Thomas Jefferson, cofondatore della Cochrane Collaboration, apparsa sul server di prepubblicazione medRxiv nell’aprile 2020, aveva scoperto che, rispetto al non utilizzo, l’uso della mascherina nella popolazione generale o tra gli operatori sanitari non aveva ridotto i casi di malattia simile all’influenza o dell’influenza.

In uno studio, che aveva come soggetto i lavoratori in quarantena, [l’uso della mascherina] aveva, a tutti gli effetti, aumentato il rischio di contrarre l’influenza, ma aveva abbassato il rischio di malattia simile all’influenza. I ricercatori avevano anche scoperto che non c’era differenza tra le mascherine chirurgiche e quelle di tipo N95.

Un risultato simile era stato riportato in uno studio del 2009 [9], che aveva confrontato l’efficacia delle mascherine di tipo chirurgico  con quella del tipo N95 nella prevenzione dell’influenza stagionale in ambiente ospedaliero; il 23,6% degli infermieri nel gruppo delle mascherine chirurgiche aveva comunque contratto l’influenza, così come il 22,9% di quelli che indossavano il tipo N95.

Vedendo come siamo stati incoraggiati ad usare mascherine di stoffa, vale la pena notare che una ricerca [10] pubblicata nel 2015 aveva scoperto che gli operatori sanitari che indossavano mascherine di tessuto avevano addirittura un tasso più alto del 72% di infezioni da virus respiratori confermate in laboratorio rispetto a quelli che indossavano mascherine mediche o rispetto ai controlli (che utilizzavano pratiche standard che includevano solo occasionalmente l’uso della mascherina chirurgica).

Secondo gli autori, “i risultati mettono in guardia contro l’uso delle mascherine in tessuto … La ritenzione di umidità, il riutilizzo delle mascherine in tessuto e la scarsa filtrazione possono comportare un aumento del rischio di infezione.”

 

Le mascherine non hanno avuto alcun impatto sulla COVID-19

Le statistiche sulla COVID-19 confutano anche l’idea che le mascherine abbiano avuto una qualche efficacia. Nel suo articolo [11] “Questi 12 grafici mostrano che il dover obbligatoriamente indossare la mascherina non ha fatto nulla per fermare la COVID,” il bioingegnere Yinon Weiss sottolinea che “indipendentemente da quanto rigorosamente le leggi sulle mascherine vengano applicate o quale sia il livello di conformità sulle mascherine seguito dalla popolazione, [nei vari Paesi] i casi diminuiscono e aumentano tutti nello stesso periodo.”

Nel frattempo, il distanziamento sociale ha portato, nel migliore dei casi, solo ad un plateau nella diffusione infettiva, secondo i ricercatori dell’Università di Rochester e della Cornell University [13], mentre i lockdown hanno avuto un effetto netto negativo [14]. Secondo un rapporto [15] di uno specialista canadese di malattie infettive pediatriche, il dottor Ari Joffe, i danni dovuti ai lockdown sono circa 10 volte maggiori dei benefici.

 

Prossimamente: i vaccini genetici polivalenti

Come spiegato in dettaglio in “Come i vaccini COVID possono causare coaguli di sangue e altro,” i “vaccini” COVID-19 basati sul gene sono un disastro in attesa di accadere. Al 14 maggio 2021, il Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) degli Stati Uniti aveva registrato 227.805 eventi avversi in seguito alla vaccinazione COVID, compresi 4.201 decessi e 18.528 lesioni gravi [16]. Questo includeva 293 lesioni tra i ragazzi dai 12 ai 17 anni, 23 delle quali considerate gravi. Dei decessi, due erano sotto i 16 anni, il 23% si era verificato entro 48 ore dalla vaccinazione e il 20% era dovuto a disturbi cardiaci. E, ricordate, solo dall’1% al 10% degli effetti avversi e dei decessi sono riportati al VAERS, quindi il numero reale di morti potrebbe variare da 42.000 a 420.000. [Aggiornamento dei dati VAERS al 18 giugno: 376.284 effetti avversi, compresi 6.117 decessi, N.d.T.].

In una recente intervista con Stephanie Seneff, Ph.D. e Judy Mikovits, Ph.D., abbiamo esaminato i diversi modi in cui questi vaccini distruggono la vostra salute. È importante notare che è ormai accertato che il danno primario nella COVID-19 è causato dalla proteina spike, proprio ciò che questi vaccini stanno programmando il vostro organismo a produrre.

Nonostante ci siano problemi molto evidenti con questa tecnologia, gli scienziati dei vaccini si stanno dando da fare per produrre numerosi altri vaccini basati sui geni, tra cui:

*Il primo vaccino COVID-flu RNA [17] – Questo vaccino combinato è attualmente in fase di test sui furetti. Il vaccino, prodotto da NovaVax, combina NanoFlu, un vaccino quadrivalente contro l’influenza stagionale, con un candidato vaccino COVID-19 non ancora approvato, chiamato NVX-CoV2373 [18]. Questo vaccino COVID contiene proteine spike prodotte da cellule di falena infettate con una sequenza genetica del primo ceppo di SARS-CoV-2 [19,20].

*Un’iniezione di richiamo antipneumocco-COVID [21] – Questo vaccino combinato, prodotto da Pfizer, è attualmente in fase di test su adulti oltre i 65 anni che sono già stati completamente vaccinati contro la COVID-19. L’iniezione combina il vaccino per la polmonite di Pfizer (vaccino antipneumococcico coniugato) con una terza dose del suo attuale vaccino COVID-19 mRNA.

*Vaccini influenzali stagionali mRNA [22] – La stessa tecnologia mRNA usata nei vaccini COVID di Moderna e di Pfizer viene ora impiegata anche per sviluppare vaccini contro l’influenza stagionale. Un vantaggio, dal punto di vista della produzione, è che un tale vaccino può essere sviluppato in appena un mese. Questo darebbe ai ricercatori più tempo per determinare quali ceppi sono in circolazione in quella particolare stagione.

 

Stiamo andando a tutta forza verso il disastro

Quello che nessuno si chiede o di cui si parla è cosa potrebbe succedere se si istruisce il proprio corpo a produrre in continuazione proteine spike contro diversi tipi di virus,  per anni e anni, se non per il resto della vita.

Nessuno sa per quanto tempo le istruzioni cellulari rimarranno valide, dato che questi studi non sono mai stati fatti. Ancora peggio, al momento della morte non si terrà traccia di chi è stato vaccinato e di chi no, rendendo così impossibile accertare se il decesso era stato causato dal vaccino.

Attualmente, sempre più medici e scienziati stanno avvertendo che i vaccini COVID-19 potrebbero rivelarsi una forma di eutanasia generalizzata. Molti prevedono un aumento esponenziale dei decessitra i vaccinati entro i prossimi anni, quando il loro sistema immunitario verrà meno e si verificheranno danni cardiovascolari. L’idea di vaccini combinati basati sulla terapia genica da somministrarsi regolarmente su base annuale non farà che incrementare le morti previste.

Tornando al punto di partenza, dobbiamo aspettarci una nuova recrudescenza di terrorismo sanitario man mano che andremo verso l’autunno e l’inverno, questa volta con la pressione a farci vaccinare contro l’influenza stagionale, oltre che contro la COVID-19, più un richiamo.

Secondo l’amministratrice delegata di Moderna, Stephanie Bancel, tutti coloro a cui era stata somministrata la prima e la seconda dose a dicembre 2020 e gennaio 2021 dovrebbero prepararsi a farne una terza di richiamo verso settembre 2021 [23]. L’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, ha anche dichiarato che un richiamo potrebbe essere necessario da otto a 12 mesi dopo le due dosi iniziali [24].

Chissà, per come stanno andando le cose, forse anche il vaccino combinato COVID-influenza a base di RNA di NovaVax sarà pronto in tempo. Odio essere pessimista, ma non prevedo un lieto fine per tutta questa storia. La cosa migliore è prendersi il proprio tempo e non essere così desiderosi  di offrire il proprio corpo a fare da cavia per queste iniezioni basate sui geni. Col tempo, la verità diventerà evidente, se non lo è già.

 

FONTE

articolo di

Dr. Joseph Mercola

pubblicato da

Comedonchisciotte.org


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