CORTE DEI CONTI UE / BUTTATI 100 MILIARDI PER IL CLIMA

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La Corte dei conti europea stronca senza appello la politica dei finanziamenti comunitari in campo agricolo per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Una condanna senza se e senza ma, visto che secondo i super contabili UE i 100 miliardi di euro stanziati su questo fronte sono stati letteralmente gettati dalla finestra. Tradotto in soldoni: non è stato ottenuto alcuno dei risultati sperati, nessun miglioramento in vista.

Disastrosi i (non) risultati soprattutto per quanto concerne la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, del quale si discute ormai da anni e anni. Ebbene, benchè oltre il 25 per cento della spesa agricola europea nel periodo 2014-202°, pari ad oltre 100 miliardi di euro, sia stata destinata al perseguimento di questo scopo, le emissioni di gas serra si sono mantenuto esattamente allo stesso livello. Tanto rumore per nulla.

A quanto pare se ne fotte di quanto non è stato ottenuto Viorel Stefan, il componente della Corte dei conti UE a capo dell’equipe che ha redatto il report, il quale – come una viola mammola – dichiara: “L’UE svolge un ruolo fondamentale nella mitigazione dei cambiamenti climatici nel settore agricolo, dal momento che elabora la normativa in materia di ambiente e cofinanzia la maggior parte della spesa agricola degli Stati membri. Le nostre constatazioni dovrebbero essere utili per raggiungere l’obiettivo UE della neutralità climatica entro il 2050. La nuova politica agricola comune deve concentrarsi di più sulla riduzione delle emissioni prodotte dall’agricoltura, deve essere più trasparente e rendere meglio conto del contributo fornito alla mitigazione dei cambiamenti climatici”.

Al solito, tanti buoni propositi, un perfetto libro dei sogni ma nessun segno, anche minimo, di concreti mutamenti di rotta.

Una delle fonti primarie delle emissioni provenienti dall’agricoltura derivano dal bestiame: le famigerate mega scorregge che – secondo i soloni della ricerca – rappresentano uno dei maggiori pericoli per l’habitat. Tuttavia, a quanto pare la PAC (ossia la politica agricola comunitaria) non prevede alcuna limitazione nel numero dei capi di bestiame che si possono allevare; né fornisce incentivi di alcun tipo per ridurne il numero.

D’altro canto, le emissioni di fertilizzanti chimici e letame, che da sole oltre il 30 per cento di quelle agricole, sono addirittura aumentate tra il 2010 e il 2018. La PAC si limita a sostenere alcune pratiche che, in teoria, possono ridurre l’uso dei fertilizzanti, come l’agricoltura biologica e i legumi da granella. Un vero granello nel deserto. Tanto che la stessa Corte dei conti si vede costretta a rilevare: “Tuttavia, abbiamo scoperto che queste pratiche hanno un impatto poco chiaro sulle emissioni di gas serra. Invece, le pratiche più efficaci hanno ricevuto pochi finanziamenti”.

E viene aggiunto: “La PAC sostiene gli agricoltori che coltivano torbiere drenate, che emettono il 20 per cento dei gas serra agricoli dell’UE. Sebbene disponibile, il sostegno allo sviluppo rurale è stato utilizzato raramente per il loro ripristino”.

Una delle maggiori critiche rivolte alla (non) politica agricola UE è poi la seguente: le regole della PAC rendono alcune attività sui terreni inumiditi non ammissibili ai pagamenti diretti. La PAC, poi, non ha aumentato in alcuna misura il sostegno all’imboschimento, all’agroforestazione e alla conversione dei seminativi in prati permanenti nel periodo 2014-2020 rispetto a quello precedente, 2007-2013. “Pertanto – viene scritto nella relazione della Corte – questi regimi non hanno incentivato gli agricoltori ad adottare misure efficaci di mitigazione del clima. Sebbene il programma di inverdimento avrebbe dovuto aumentare le prestazioni ambientali della PAC, il suo impatto sul clima è stato del tutto marginale”.

Peggio di così.

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