Solo leggere o sentir pronunciare ‘Vermicino’ fa ripiombare in un terrorizzante, angoscioso buio, chi quarant’anni fa da genitore o semplicemente da cittadino di un mondo crudele visse il maledetto ‘scoop’ televisivo di Alfredino agonizzante, irraggiungibile sul fondo di un pozzo a Vermicino, dov’era precipitato. Niente può assolvere la ‘telecronaca’ infinita dei quella tragedia, esente da censura nella primissima fase del racconto, poi irresponsabilmente invasiva per l’accanimento della Rai, di riprese senza un attimo di sosta, con forti conseguenze emotive per i 28 milioni di telespettatori prigionieri del racconto minuto per minuto, stressati da incubi notturni, anche a distanza di molti anni.
Diecimila i ‘curiosi’ attorno al pozzo, ‘speciali’ televisivi, dettagli macabri, risvolti strappalacrime. Della tragedia hanno abusato in tanti. Giornalisti, scrittori, prima e più di loro i vertici della Rai, in parte partecipi emotivamente della tragedia, in parte consapevoli di gestire in esclusiva lo scoop (colpo giornalistico ambìto dal ‘media system’ per ottenere exploit di vendite). Nascono canzoni sul ‘caso’ Vermicino (‘Alfredo’ dei ‘Bustarelle’, ‘Per carità di Renato Zero, Fabri Fibra con ‘Su le mani’, il rapper Kaos One ‘Fino alla fine’, Andrea Moraldi con ‘Trentasei anni’. Aldo Nove ne parla nei suoi racconti, l’artista Akab scrive e disegna la breve storia ‘Alfredino Vermicino’. Nove comuni italiani dedicano strade alla memoria del bambino. L’eco della tragedia si riverbera su eventi drammatici analoghi, di bambini che cadono nei pozzi: in California (vari film), in Texas (regala un consistente exploit televisivo alla Cnn, sollecita un film), in Italia a Scerni, a Velletri, in Spagna a Totalan, in India a Dehli e Tamil Nadu. Emotività a mille e tanta Tv anche per i minatori sepolti in una miniera cinese. Almeno trenta articoli evocativi della tragedia di Vermicino, sei libri, interviste, il film ‘L’Angelo di Alfredo’, docufilm e cassette Rai. L’indignazione per lo sciacallaggio mediatico, operato sulla terribile morte di un bambino di sei anni, culmina nell’annuncio della fiction di Sky. Dopo quant’anni replica aspetti noti e inediti della tragedia, con una miniserie in onda il 21 e il 28 di questo mese. Non è dato sapere se lo ‘sceneggiato’ riproporrà anche il lamento di Alfredino ferito e prigioniero del pozzo artesiano, vittima di un terribile destino e di approssimazione fatale dei soccorsi, ma di sicuro a monte dell’idea c’è di nuovo la consapevolezza di un racconto destinato a catturare commozione, ma anche curiosità morbosa dei telespettatori e indignazione per non aver salvato Alfredino. Non fa difetto neppure lo stupore per la promozione dell’evento televisivo, esplicativa, senza self control, il perché di questa produzione Sky, succeduta per un nuovo ‘scoop’ alla prima ipotesi Mediaset. Intervistata, l’attrice Anna Foglietta, nel ruolo di madre di Alfredino (“avrebbe avuto serie difficoltà a calarsi nella parte, tanto da abbandonarsi a un crollo emotivo poco prima delle riprese”), alla domanda “Perché raccontare Vermicino dopo quarant’anni?” risponde “Forse perché i genitori di Alfredo sono persone in là con gli anni e più avanti sarebbe potuta finire in altre mani” (!!!). Il produttore Belardi: “Lo considero il primo reality. Racconteremo la spettacolarizzazione della tragedia”. Ecco uno dei buoni motivi per stare lontani dal canale Sky che trasmetterà ‘Alfredino, una storia italiana’. Per la stessa ragione, questa nota è priva dell’abituale corredo di immagini, sfruttate a più non posso dai media.
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