Nel nome del…

Una parte, purtroppo non ancora significativa di italiani, concorre al calo di ascolti del Festival che ha compiuto il compleanno numero 71, del rito proposto nella sua vetusta veste paludata, ma ‘nazional-popolare, finalizzata a esaltare con un gigantesco spot pubblicitario le virtù di un famoso gestore di telefonia. Insomma, la kermesse sanremese avrebbe pieno diritto di rivendicare liquidazione e pensione. Esattamente come Orietta Berti, vispa signora della canzonetta, che di anni ne ha compiuti settantasette. Lei,  abituale ospite di Fazio, forte della settimanale visibilità, ha indotto ‘Ama’a inserirla nel pacchetto dei 26 ‘big. È dunque palese l’empatia del direttore artistico del Festival con le storiche ugole d’oro ancora in circolazione. La competizione non sembra però consona alla terza età della Berti, questo il giudizio sulla sua esibizione, che la relega al deludente posto numero 21 su 26 competitor.

Fatti loro, nel senso di piena libertà per chi ha fede e ne fa una ragione di vita: per carità, il rispetto laico è garantito. Altro è esibire pubblicamente l’appartenenza a uno dei tanti culti praticati nel mondo. Esempio: in una società multietnica e l’Italia lo è, perché non sostituire nelle aule il crocifisso con l’immagine del Presidente della Repubblica e non discriminare i fedeli di altre religioni? Che dire di Marina Nalesso, la signora che conduce una delle edizioni del Tg2 e si mostra ad ogni apparizione televisiva con un crocifisso della sua ricca collezione in petto, ben in mostra, e perfino con un rosario come collana? Come giudicare il primo apparire di Amadeus all’esordio del Festival numero 71? Prima di imboccare la scala (che Sanremo senza scala che Sanremo sarebbe?) si è fatto il segno della croce, con tanto di bacio finale sulla mano che ha compiuto il rituale cattolico. E allora: forse i sacri testi della sua religione prevedono che il gesto sia premiato, se fatto in pubblico, con promesse di accesso agevolato al Paradiso? Sarà, ma per i non cattolici ‘Ama’ ha compiuto un atto di intollerabile discriminazione, ha mancato di rispetto nei confronti della molteplicità etnica e religiosa, degli atei che seguono il Festival. L’accusa, contestano atei e agnostici, è di ‘ostentazione e apologia religiosa’.  Foad Aodi, presidente della Comunità del mondo Arabo in Italia: “Lavorando in una televisione pubblica e sapendo che si parla anche a una platea di laici, atei, ebrei, musulmani, avrebbe dovuto tenerne conto”. Nel mirino è finito anche l’anomalo cantante Achille Lauro, protagonista di una ‘coreografia’ fatta anche di richiami sacri, come le ‘lacrime di sangue’ lungo le guance di cantante-choc. Non ci vuole un teologo per intuire il riferimento al volto di Cristo insanguinato per le ferite da corona di spine. Cosa manca a questa visione uni-religiosa del Sanremo 2021? A ben pensarci, si fa per dire, fa per ora difetto la squalifica di Elmar Meta, sullo scalino più alto del podio dopo le due prime serate. Ma certo, è colpevole di essere un migrante, in quanto albanese, anche se di alto livello. Si può mai correre il rischio che il vincitore sia l’artista di un’‘etnia importata’?

Nel dire cosa si pensa di dettagli obiettivamente non irrilevanti della rassegna italiana delle canzonette, il rischio è di alienarsi una marea di pensatori dell’altra sponda. E perciò, l’invito a non confliggere si avvale della sincera dichiarazione di rispetto per culti di ogni religione. Sempre che non prevarichino convincimenti diversi.

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