TESLA & FCA / IL TRUCCO DEI “CREDITI GREEN” 

Vuole spedire a breve una missione su Marte. Per poi costruirvi una Città, con una Costituzione tutta sua.

Per ora fa profitti con la pala grazie alle auto elettriche della sua TESLA, adesso all’assalto del gigantesco mercato cinese.

Ma – secondo non pochi analisti finanziari – ha problemi di liquidità. Che sta fronteggiando con il ricorso ad un trucco.

Un rebus? Un cruciverba?

No, è il gioco – pericoloso – al quale sta giocando il colosso elettrico di Elon Musk, l’arcimiliardario americano di origini sudafricane.

Un trucco border line negli Stati Uniti, dove ritualmente le autorità di controllo sono molto rigide. Ma stavolta pare stiano chiudendo gli occhi. Fino a quando?

Ecco la story, che vede una coprotagonista di lusso, nientemeno che FCA, oggi STELLANTIS, forse per seguire nel cielo le stesse immaginifiche traiettorie disegnate da Vate Elon.

Elon Musk. Sotto, la Tesla

Il trucco c’è e si può vedere anche esaminando con attenzione i bilanci presentati da Tesla. Dove a farla da padrone sono, negli ultimi anni, i cosiddetti “crediti verdi”. O, se preferite, “certificati verdi”.

Partiamo dal bilancio 2020, che è stato chiuso da Tesla con un utile netto pari a 721 milioni di dollari. Un’ottima performance, capace di doppiare quella dell’anno precedente, che si era chiusa sotto di 721 milioni di dollari.

Nel 2020 i ricavi sono cresciuti in modo molto sensibile, con un significativo 28 per cento in più, attestandosi alla ragguardevole cifra di 31 miliardi e mezzo di dollari. Non basta, perché il margine operativo lordo è lievitato addirittura del 95 per cento.

Tutto rose e fiori, è la prima impressione.

Ma c’è un… ma. Perché nel bilancio stesso una delle voci principali sul fronte degli incassi non è solo l’ovvia vendita delle magiche 4 ruote elettriche: ma anche quella dei “certificati verdi”.

Per capire il trucco va spiegato il meccanismo.

Da un anno la UE ha imposto alle case automobilistiche di contenere le emissioni al di sotto dei 95 grammi di Co2 a chilometro. Il che implica la realizzazione di auto green, elettriche appunto. Motivo per cui ogni produttore è obbligato a vendere un tot di auto tale da non oltrepassare quei limiti verdi consentiti. Visto che è impossibile riconvertire i propri impianti produttivi in un baleno, ecco scoperto il meccanismo: mi attrezzo per produrre green, ma per intanto ‘faccio risultare’ che già produco tot auto ecologiche, evitando quindi le pesanti sanzioni previste.

Facile come bere un bicchier d’acqua.

Cosa fa a questo punto la magnanima Tesla? Vende alle altre case produttrici (in teoria alla concorrenza), i suoi “crediti ambientali”, aumentando quindi il suo fatturato e vedendo crescere i suoi utili con questo sistemino semplice semplice: alla Totò e Peppino alle prese con la trattativa per la fontana di Trevi.

In sostanza – viene spiegato – “i costruttori acquistano da Tesla appositi certificati ambientali, detti crediti verdi, che garantiscono alla stessa Tesla di realizzare e immettere sul mercato un maggior numero di veicoli elettrici”.

Quindi formalmente tutto in regola, carte a posto, documenti ok.

Cifre alla mano, con il trucco dei “crediti verdi”, Tesla ha incamerato quasi 3 miliardi e mezzo di dollari, dei quali il 50 per cento solo nell’ultimo anno.

Un trend, comunque, destinato a non durare troppo a lungo, perché le altre aziende devono per forza premere sull’acceleratore verso le produzioni green.

Dicevamo del partner di lusso, FCA.

Secondo alcune stime attendibili, l’ora Stellantis avrebbe comprato “certificati green” per un totale che sfiora i 2 miliardi di dollari. Un acquisto davvero azzeccato: perché ha evitato al gruppo italo-francese il pagamento di una multa salatissima, pari allo stesso importo, quindi quasi 2 miliardi di dollari.

Un colpo alla Ronaldo.

 

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