Rai 3, stasera, 21e 20, da non perdere

Don Lurio e prima di lui Fed Astaire, o ad alto livello la stella del classico Roberto Bolle? Per carità dilettanti. E quisquilie sono l’antico ‘galop’, il can-can, ma anche il tango, la rumba il twist, flamenco e samba, la tarantella: patrimonio di dilettanti allo sbaraglio se si osa metterlo a confronto con il festival nazionale della Danza Libera che impegna le migliori energie psicofisiche, estro creativo e sforzi dinamici dei partiti italiani.
È quasi impossibile rendicontare in dettaglio il ‘ballando sotto i riflettori’ dei media di maggioranza e opposizione, destre, moderati di centro, liberali di centro sinistra, frammenti della sinistra che fu. Due o tre cose in rapida sintesi, per capire l’impasse dei governi privati del tempo e delle buone intenzioni irrealizzate di sistemare due o tre grandi questioni dell’Italia incompiuta. Non andiamo troppo in là, nel marasma del passato e allora: l’immaturità della nostra democrazia, paralizzata nella fase di rodaggio del dopo Unità dalla devastante parentesi del ‘Ventennio fascista’, ha generato l’aborto qualunquista, anomalo, incompatibile, del patto di spartizione del potere Lega-5Stelle, tristemente noto come governo gialloverde. La squallida interruzione della vita democratica del sodalizio ‘impuro’ ha deflagrato con il botto dell’arringa in Parlamento affidata al ‘pubblico ministero’ Conte, che ha steso al tappeto Salvini e forse per questo ha meritato il ‘grazie’ di Pd e 5Stelle, lo step bis del docente di diritto alla guida dell’esecutivo giallorosso. La convivenza difficile, a tratti da separazione in casa dei due nuovi partner, ha sfiorato il rischio separazione per colpa, ovvero per reciproca incompatibilità caratteriale. A complicare la vita del Conte bis è sopraggiunto il lavoro di Renzi ai fianchi della maggioranza. L’ex 40 percento del Pd a sua leadership, ha messo un piede, anzi due, nella compagine dell’esecutivo. Ha dichiarato fedeltà alla maggioranza e all’indomani ha acceso la miccia dei candelotti di tritolo per far saltare in aria il governo. L’ha spenta per tempo e ha sventato il pericolo di elezioni anticipate, improponibili per ‘Italia Viva’ partitino stazionario a quota intorno al 3 %, ma non ha riposto il fiammifero e perché sia chiaro a Pd il proprio ruolo di ago della bilancia ha fatto l’occhiolino a Berlusconi. Al pluri indagato condannato fondatore di Forza Italia non pare vero e punta le sue fiche su due tavoli: “Mai al governo con la sinistra (ma di che sinistra parla, ancora dei comunisti che mangiamo i bambini?) e però collaborazione per il futuro del Paese.
E Zingaretti, ex paziente per coronavirus, ‘fratello’ del commissario Montalbano, oltre che a nuotare nel mare del silenzio? Lui emette il lapidario ultimatum agli alleati, giudicati perditempo: “Che i 5Stelle si diano una mossa”. Tutto e niente, detto così. Le complicazioni: il Covid ha impoverito l’Italia; ha svelato la piaga della burocrazia che soffoca i tempi dell’emergenza; ha silenziato i contrasti irrisolti del sodalizio Dem-Grillini, ha indotto a trascurare la crescente provocazione dei neofascisti, che impuniti fanno convergere i favori dell’articolata galassia della destra sull’erede di Almirante, la borgatara Meloni. Gli insoluti: crisi profonda di Alitalia, Ilva di Taranto, piccole e medie imprese in grave affanno, esposte alla rapacità delle mafie, allo sciacallaggio di cui sono vittime quelli a un passo dal fallimento, prede fragili della criminalità.
Nel problematico scenario del futuro, s’innestano fenomeni pieni di incognite: lo smembramento dell’unità nazionale, evidente nella spinta autonomistica di alcune regioni, la tenuta del governo, chiamato a gestire emergenze che navigano nel mare mosso della protesta alimentata dalla destra e sostenuta da quanto aveva accaparrato con  la spartizione Lega -5Stelle, cioè la presidenza  dell’INPS, che fa molto poco per distribuire ai destinatari sussidi e cassa integrazione in tempi rapidi, il controllo bulgaro sull’informazione della Rai e da ultimo la sfacciata ‘empatia’ con la destra di Bonomi, neo presidente della Confindustria.
Benchè al governo, il Pd non si stacca dal 19% di ‘like’ e una ragione ci sarà: mancanza di protagonismo, debole contrattualità con il partner grillino, il vuoto al vertice di un leader carismatico. Poco non è.
Questa sera, da non perdere, l’appuntamento con ‘Report’, con il coraggioso giornalismo d’indagine, che in sintonia con il principio fondamentale della libertà e del dovere di informare, non prova timore riverenziale per nessuno. Recentissima la velenosa contestazione firmata dal governatore Pd della Campania, De Luca. Stasera un’esplosiva inchiesta ha come protagonista il presidente della giunta regionale della Lombardia. Fontana ha provato a bloccare la messa inonda della puntata che lo riguarda e ha minacciato di querelare ‘Report’. Motivo di più per non perdere l’inchiesta: questa sera, Rai 3, 21 e 20.

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