L’Italia delle mascherine di cartone

Pubblichiamo questo interessante contributo del penalista Giovanni Palmieri sul dibattito in corso a proposito di responsabilità dei medici, nel momento in cui tanti operatori sanitari pagano la loro dedizione col sacrificio della vita.

 

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In questa fase soltanto la condivisione delle scelte, più che la soppressione delle libertà, può tirare il Paese fuori dal pantano. Si riparta dalla Costituzione, dalla tutela del diritto alla salute che spetta alla Repubblica garantire nell’interesse della collettività. La priorità ora è mettere subito in sicurezza le strutture ospedaliere per difendere i medici e tutti gli operatori sanitari. Il ricorso all’intervento delle Procure non aiuta ad uscire dall’emergenza. Noi avvocati difendiamo i medici anziché denunciarli e riaffermiamo il ruolo sociale della professione.

 

 

Nessuno di noi, fino a qualche settimana fa, poteva immaginare che nel giro di una decina di giorni la democratica Italia avrebbe dovuto sospendere le libertà civili e costituzionali per fronteggiare un nemico invisibile, né si poteva immaginare che la vita degli italiani sarebbe stata improvvisamente trasformata e che il nostro Paese avrebbe superato la Cina per morti da Coronavirus, così ritrovandosi all’improvviso in uno scenario di guerra contro un nemico invisibile.

Da qualche giorno, tra una lettura e un’altra, mi interrogavo su come fosse possibile che l’Italia (e anche altri Paesi), abbiano sottovalutato una epidemia preannunciata (poi dichiarata pandemia dall’OMS), che sta mietendo migliaia di morti.

Tale analisi, in relazione alla crisi italiana, mi ha ispirato alcune riflessioni.

Quando, all’incirca un mese fa, alcuni deputati e personaggi pubblici decidevano di utilizzare la mascherina come strumento di difesa e quale precauzione, venivano immediatamente scherniti, derisi, ridicolizzati da qualche solone della politica, da una parte della stampa e anche da qualche scienziato “ottimista”.

Oggi, a distanza di poche settimane, mentre l’Italia piange i suoi morti, forse qualcuno riconoscerà che Matteo Dall’Osso, Maria Teresa Baldini, Attilio Fontana e tanti altri che in un certo qual modo avevano avvertito del pericolo, evidentemente, avevano ragione. Non a caso il video dell’intervento in Parlamento di quel parlamentare forzista (Dall’Osso) rimbalzava all’attenzione dei media cinesi e di oltre un miliardo di orientali che lo visualizzavano. Molti gli dovrebbero le scuse dopo averlo attaccato senza pietà, mentre i media cinesi venivano ad intervistarlo. Da quelle parti evidentemente già sapevano (per il solo fatto di averlo vissuto prima) che il Covid 19 non era semplicemente una grave influenza da sottovalutare.

 

La gestione dell’emergenza, stando ai terribili dati delle morti e dei contagiati (più morti in Italia in un mese, che in Cina in tre mesi) impone innanzitutto di trovare tutti i mezzi, le risorse e le soluzioni per salvare il sistema sanitario e poi richiede che si inizi ad immaginare come affrontare le disastrose crisi industriali, economiche e sociali che seguiranno e colpiranno duramente le democrazie liberali occidentali.

Le strutture sanitarie sono al collasso sorrette da medici, infermieri e operatori sanitari che stanno combattendo a mani nude, anche ammalandosi e pagando con la loro stessa vita, mentre lo Stato non ha strumenti adeguati da mandare nei territori o manda mascherine di cartapesta!

La tenuta del sistema necessita dell’elaborazione di un grande piano nazionale di messa in sicurezza di tutte le strutture sanitarie, di tutti i presidi ospedalieri che stanno affrontando l’emergenza e lottando contro il virus invisibile, perché in molte realtà sta emergendo che i cluster epidemici dai quali spesso si propaga il contagio si sviluppano proprio a partire dalle strutture sanitarie.

Non servono solo altri operatori sanitari, nuovi ospedali, mascherine, tamponi, respiratori e terapie intensive. Non bastano e non basterebbero se il contagio tornasse a prendere piede con la velocità e le dimensioni delle scorse settimane. Il primo nemico da combattere è la diffusione del contagio che, in molti casi sta colpendo medici ed infermieri. E’ lì che bisogna intervenire subito. La carenza di personale medico non consente altre perdite ed è singolare che mentre gli operatori sanitari pagano con la vita, in molti casi non vi sia neanche un’adeguata esecuzione dei tamponi a tappeto per tutti i dipendenti delle strutture sanitarie (anche se servirebbero tamponi per tutti i cittadini).

A questo punto, prima che sia troppo tardi e che questa immane tragedia si trasformi in un disastro sanitario incontrollabile, in una spirale dalla quale si rischia di non uscire, soltanto la condivisione delle scelte, in sede parlamentare, più che la soppressione delle libertà, può tirare il Paese fuori dal pantano. E’ in quella sede che vanno discusse e trovate le soluzioni, ripartendo dalla Costituzione, dal diritto alla salute che spetta alla Repubblica garantire nell’interesse della collettività, dalla tutela di medici, infermieri, operatori sanitari che più di altri devono essere difesi, affinché il sistema regga l’emergenza. Occorrono decisioni e soluzioni immediate, occorrono tamponi per tutti più che mascherine di carta!

Infine: in questi giorni di emergenza nazionale, in un momento tragico per l’Italia, da più parti sono stati sollevati richiami all’individuazione delle responsabilità (anche penali) per la diffusione dell’epidemia in atto e sono state avanzate invocazioni alla gogna e alla ghigliottina.

Negli ultimi giorni ho appreso che diversi sono stati gli annunci e le iniziative di ricorso alla Procure della Repubblica attraverso class action ed esposti collettivi: in alcuni casi sono state annunciate azioni per le responsabilità dell’epidemia colposa delle Autorità in relazione a determinati accadimenti occorsi in questi mesi, in altri casi per le responsabilità mediche.

Alcune di queste iniziative sono state peraltro annunciate anche a mezzo stampa mentre gli operatori sanitari stanno combattendo e spesso pagando anche con la vita nella lotta contro il Covid19.

Il tema delle responsabilità, laddove presenti, è bene che ad emergenza finita venga affrontato. Laddove ve ne siano, di gravi e penalmente rilevanti, è bene anche che esse vengano verificate in sede giudiziaria ma non è un tema che può essere affrontato ora nel pieno dell’emergenza.

Lo dico da avvocato: non credo sia questo il momento per stabilire responsabilità. L’annuncio del ricorso alle Procure da parte di singoli cittadini, associazioni, movimenti, serve a poco o nulla, perché laddove le Procure ritengano di voler procedere sanno farlo bene e hanno autonoma capacità d’azione. Peraltro, l’epidemia colposa è un reato procedibile d’ufficio.

D’altro canto, la minaccia di denunce contro i medici e gli operatori sanitari equivale a sparare sulla Croce Rossa e non ci aiuta a risollevarci come comunità in un momento difficile.

La priorità in questa fase è superare l’avversità, sconfiggere la paura, sopravvivere ad un nemico invisibile che presto riusciremo ad eliminare dalle nostre vite, soprattutto grazie alla scienza e ai medici. E poi: tornare ad essere liberi e far ripartire l’economia, subito e quanto prima possibile.

Ne usciremo più forti se sapremo iniziare sin da ora a recuperare la lucidità dell’intelletto e ad abbandonare gli istinti e la sommarietà delle pulsioni che partono dalla pancia.

 

Giovanni Palmieri

avvocato penalista

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