SIGONELLA / APPENA SBARCATO IL MAXI LABORATORIO USA SULLE PANDEMIE

Sigonella al centro delle ricerche delle forze armate Usa sul fronte di virus & batteri.

Si è concluso solo da alcune settimane lo sbarco, a Sigonella, del Naval Medical Research Unit 3, NAMRU 3 per i suoi fans a stelle e strisce e non solo. Il trasferimento della poderosa macchina militare sanitaria statunitense è avvenuto in meno di un anno, da febbraio a fine dicembre 2019.

Base di partenza il Cairo, in Egitto, dove NAMRU 3 era stato acquartierato per anni.

Appena arrivato in Sicilia, il comandante dell’Unità, capitano Marshall Monteville, ha così annunciato: “Nessun problema su dove è collocato il nostro quartier generale: noi continueremo a svolgere sempre la nostra missione a supporto della salute e delle capacità operative delle nostre forze dislocate in Europa, in Africa e in Medio Oriente”.

Secondo quanto riportato dai vertici delle forze armate Usa, la decisione di ricollocare a Sigonella il comando di Namru 3 è stata assunta per non meglio precisate “necessità di potenziamento della sicurezza richiesta per le facility dell’unità specializzata”.

La location, a quanto pare, è ideale perché “geograficamente al centro dei tre comandi combattenti da essa stessa supportati: U.S. Central Command, U.S. European Command e U.S. African Command”, chiariscono al Pentagono.

Lo staff di comando di Namru 3 è formato da una decina di ufficiali della US Navy, nonché da molti ricercatori del Dipartimento della Difesa e di non poche aziende private (di cosa? di chi?), “animate ad ottimizzare le capacità di combattimento” delle forze armate statunitensi, dei paesi alleati e dei partner.

Non è l’unica Unità, quella ora dislocata a Sigonella. Altre quattro si trovano a Sant’Antonio, in Texas, a Dayton, in Ohio, a Singapore e a Lima (Perù).

Attualmente gli esperti e i collaboratori di Namru 3 sono impegnati in diverse aree, dal Camerun alla Liberia, dalla Nigeria alla Giordania, per effettuare ricerche di base sulle malattie virali e quelle tropicali e subtropicali. Quindi “malattie enteriche, infezioni acute respiratorie, epatiti, tubercolosi, meningiti, Hiv e varie infezioni da parassiti, batteri e virus che sono endemiche e rappresentano un grave problema pubblico nelle regioni di intervento”.

L’Unità, poi, è specializzata nella ricerca e sperimentazione di “agenti profilattici come vaccini e farmaci contro le infermità e le infezioni tropicali che causano una severa mortalità o morbosità al personale militare Usa che opera in questi ambienti”.

Inoltre, “concorre ad assistere i reparti e le infrastrutture mediche delle forze armate dei paesi partner nella sorveglianza di focolai epidemici e durante le pandemie, nella formazione tecnico-scientifica ed epidemiologica e nella gestione dei più moderni laboratori di biologia molecolare”.

Ecco cosa viene ancora sottolineato dal Pentagono: “Attraverso queste collaborazioni, Namru 3 può condurre ricerche sulle infermità che minacciano le truppe ivi schierate e che non sono comunemente conosciute negli Usa, ottenendo in anticipo informazioni sulle incombenti pandemie, come ad esempio l’influenza aviaria che potrebbe colpire la prontezza militare operativa”.

Sottolinea il blogger antimilitarista Antonio Mazzeo. “La rilevanza dell’impegno più che controverso di Namru 3 nel campo della ricerca anti-virale è comprovato dai riferimenti contenuti in importanti studi scientifici pubblicati dal Journal of Virology della Società Americana di Microbiologia. In particolare nel 2013 è stato reso noto come i laboratori dell’Unità militare abbiano analizzato i tamponi con tessuti rettali e campioni delle feci di alcuni bambini di comunità rurali egiziane, vittime di diarree di origine batterica, nell’ambito di una ricerca di alcune università statunitensi sull’Enterotossigeno Escherichia coli (ETEC). Nel 2016, i virus influenzali della pandemia H7N9, isolati da Namru 3, sono stati oggetto di uno studio internazionale sul ‘ruolo delle cellule endoteliali polmonari nell’orchestrazione della produzione di citochina e nel reclutamento dei leucociti durante l’infezione virale influenzale’”.

Non è finita: “Ancora nel 2016, test di laboratorio al Cairo sul Coronavirus Mers-CoV che aveva colpito violentemente l’area mediorientale quattro anni prima: nello specifico si è valutata la risposta immunitaria dei topi al ceppo virale isolato in Giordania.

Infine nel 2017, The Journal of Virology ha pubblicato gli esiti di una ricerca sulla diffusione in nord Europa del virus dell’aviaria H10N8 proveniente dalla Cina, che ha visto i laboratori di Namru 3 cooperare nell’isolamento del virus e della produzione di un apposito vaccino, tramite la sua sperimentazione in vitro e in vivo sui furetti”.

Conclude Mazzeo: “E’ presumibile che adesso, in piena emergenza Coronavirus, ufficiali e ricercatori statunitensi stiano lavorando a pieno regime nei laboratori aperti nella grande base di Sigonella. Certo, a caval donato non si guarda in bocca. Ma se invece ci trovassimo di fronte alle fauci del Cavallo di Troia?”.

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