…E vissero felici, contenti e scontenti

Dubito (sostituto di ‘cogito), dunque sono (sostituto di ‘ergo sum): la presunzione di essere nel giusto, contro l’evidenza di milioni di ‘like’ ricevuti dall’Amica geniale televisiva, ha richiesto una ponderata e imparziale revisione del severo giudizio esternato di getto e dei commenti arrivati in risposta, ovvero di analisi ad elevata qualità, firmati da addetti ai lavori e non. Ho elaborato il sospetto di aver esagerato nel bocciare l’appassionata operazione, indotta dal successo editoriale del racconto che, senza l’invenzione (questa sì geniale) di pubblicarlo mistificando l’identità dell’autore/autrice, avrebbe vissuto il faticoso percorso di altre centinaia di romanzi di medio successo. Di là dal severo giudizio sulla qualità della recitazione, sull’esasperante lentezza narrativa, l’artificio della lettura fuori campo di brani di raccordo, presi dal libro per rendere comprensibile il background di comportamenti indecifrabili dei protagonisti e dell’ esagerata staticità di volti inespressivi, la convinta del ‘no grazie, abbiamo già dato in quanto fruitori della Tv’ è connessa con lo sconcerto per la notizia del diffusione internazionale della fiction, che viaggerà su binari paralleli per incontrarsi al terminale del percorso con “Gomorra”, altro fenomeno letterario-televisivo. L’una e l’altra operazione si propongono  come biglietto da visita del Sud e di Napoli, che lo rappresenta in quanto paradigma del meridionalismo. Letteratura, giornalismo e film, fiction appunto, le esportano a piene mani, pur se con differenti livelli di rappresentazione della miseria umana e di presenze malavitose. Nel rispetto di opinioni opposte, registrate in brevi test telefonici e per qualche voce discorde, manifestata in margine alla prima nota pubblicata su Facebook, ho compiuto il sacrificio di assistere a due ore e più di l’‘Amica geniale’, conclusa come nel migliore e consolidato film-system, con un liberatorio ‘e vissero felici e contenti’. Insomma, è la morale che se ne deduce, con la cultura ci si evolve, la cultura paga, sempre che lungo l’impervia salita della vita, come accade per la brava, buona e diligente Elena, il destino agevoli il riscatto sociale e colori di rosa il futuro. All’amica del cuore sarebbe invece lecito maledire il contesto che le avvelena la vita e ragionare con rabbia sulla sorte matrigna. È forse bugiardo l’accenno di un suo sorriso sui cui scorrono i titoli di coda della fiction, mentre la poveretta scompare nella rassegnazione di un futuro con sfumature di grigio e l’umiliazione di un padrone “che viene  al  lavoro solo per chiavare”, di un custode che  “quando esci, stai attenta, Elena, con la scusa di scoprire se hai rubato una mortadella ti mette le mani addosso”. A dire il vero, il buon proponimento di un giudizio meglio ponderato sul ‘gioiello’ di Rai1 l’ho rispettato, ma  con riserva. Mi dicono che ho chiuso gli occhi per non meno di quindi minuti e chissà che in quel lasso di tempo la fiction non  abbia dato il meglio di sé. Mi assolve il racconto di chi quel quarto d’ora l’ha visto e memorizzato. Dice che includeva un secondo intermezzo della sceneggiatura che oramai non può mancare più neppure nel remake di una pudica fiaba dei fratelli Grimm: insomma, ho perso, le immagini dell’amica poco geniale di Elena, vittima dello stupro subito dal marito, vero ‘gentiluomo’ della fiction. Spero di rifarmi della mancata visione con l’annunciata, terza stagione di l’Amica geniale.

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