Motivazioni, dettagli, conseguenze dell’atto di guerra firmato da Trump contro l’Iran, monopolizzano l’attenzione angosciata del mondo, le incognite di una strage che non finirà come provocazione impunita. La storia, se raccontata da estensori non faziosi, è il più convincente strumento di comprensione di quanto accade in questo nostro balordo pianeta. Dimostra, con l’ausilio di statistiche universalmente condivise, che nessun luogo del mondo è in grado di sventare il pericolo di attentati terroristici. Il dato potrebbe far difetto alla modesta intelligenza di Trump, offuscata da noti raptus di onnipotenza, ma a giudicare dall’ultima impresa, che equivale alla follia di accendere un fiammifero e gettarlo in un deposito di benzina, si direbbe che il tycoon sia circondato da soggetti di pari demenza, solidali con la provocazione inventata per alimentare la grandeur nazional-patriottica americana e garantire il “no” all’impeachment di Trump del Senato a maggioranza repubblicana L’entourage del peggior presidente degli Stati Uniti inventa ipotesi di attacchi anti americani ai suoi diplomatici per legittimare l’omicidio di Qassem Soleimani, idolatrato generale iraniano, eroe nazionale. Tra l’altro, il “go” di Trump al raid dei droni ignora il passaggio istituzionale di confronto con il Congresso e apre scenari che i media, americani compresi, sintetizzano con un allarmante “Ora il mondo ha paura”. Teheran minaccia “preparate le bare” e così sintetizza, drammaticamente, i propositi di vendetta per quello che il ministro degli esteri Zarif definisce, non a caso, “atto di terrorismo internazionale”. Niente più c’è di sicuro, tanto meno per i nostri contingenti militari impegnati nell’area, per i nostri obiettivi sensibili, dopo l’entusiastico hurrà della Lega all’azione militare di Trump e il timido invito del governo demostellato alla moderazione, al confronto delle diplomazie. Il generale Vincenzo Camporini, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa: “Non c’è dubbio che l’Iran dovrà reagire, non può perdere la faccia e l’Italia è particolarmente esposta con i suoi mille militari in Libano, i 300 in Libia e gli addestratori in Iraq. L’escalation ci toccherà comunque. Il prezzo del petrolio salirà e ce ne accorgeremo quando faremo il pieno di benzina”. Come esordio del 2020 non si poteva immaginare di peggio.
Greta compie 17 anni: in poco più di un anno, si devono alla sua guerra contro l’emergenza climatica i quattro ‘Global Climate strike’, gli scioperi internazionali che hanno portato milioni di persone nelle piazze in più di 150 paesi. La generazione Greta è in moto, con il suo movimento Fridays for Future (i Venerdì per il Futuro).
S’impennano i gradi della scala Richter e segnalano il crescendo dello sciame di scosse telluriche che scuote gli edifici pentastellati, evidentemente non anti sismici. Quel che fu il sorprendente fenomeno del grillismo deperisce a vista d’occhio, afflitto dalla patologia irreversibile di espulsioni, defezioni ‘sua sponte’, in dissenso con i vertici (leggi Di Maio) o forzate, come esito di marginalità nella spartizione di ruoli ambiti. I crolli provocati dal sisma propongono un rischio doppio: assottigliano vistosamente il pacchetto di voti in Parlamento, con danno diretto sul potere contrattuale dei 5Stelle e se le defezioni dovessero assumere dimensioni più consistenti, metterebbero a rischio la sopravvivenza della maggioranza demostellata, con sommo gaudio della destra e del suo, per ora velleitario, pronostico di vita breve dell’esecutivo giallorosso. Se Grillo non corre in fretta ai ripari, va in questa pericolosa direzione il minaccioso sodalizio tra il “leghista” Paragone e il guastatore Di Battista. Intanto altri due espatri dal Movimento. Emigrano nel gruppo misto i deputati Angiola e Rospi, rispettivamente docenti di Economia e di Fisica, il secondo tra i ‘filonisti’ al voto sulla legge di bilancio. Critico anche il senatore Dessiì: “Di questo passo ne usciranno altri”. I guai non finiscono qui. Il proclama grillesco “Versare parte degli emolumenti di eletti al Movimento provoca mal di pancia diffusi, inadempienze e lamenti. Pugno duro di Di Maio e soci per chi non versa, ma forse c’è in vista una revisione della norma.
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