Viva le donne: Greta Thunberg e la sua crociata mondiale contro i cambiamenti climatici: è sulla copertina del prestigioso periodico Time, come “Persona dell’anno”. Una bella fiction della Rai ha ricordato la nobile figura di Nilde Iotti, prima presidente della Camera dei deputati. Oggi l’elezione a presidente della Corte Costituzionale di Marta Cartabia. Sardine refrattarie alle provocazioni di ogni razza di fascisti dichiarati o mascherati, bene e una domanda: perché il Nord, di là dallo storico antifascismo dell’Emilia, terra dell’accoglienza, antirazzista, risponde con cifre stupefacenti alle piazze dell’anti Salvini e il Sud con numeri molto inferiori? A Milano cinquantamila, a Torino quarantamila, a Napoli diecimila… Il primo step di questo brave incipit è sollecitato dalla dichiarazione indecente dei fascisti di Casa Pound: “Il 15 a Roma ci saremo”. “Siamo antifascisti” si affrettano a ricordare i fondatori del Movimento “a Roma non vi vogliamo”. La seconda parte dell’esordio di questa nota ha risvolti molto meno netti. A sud di Roma scetticismo di una terra storicamente delusa dalla politica in ogni sua variante? Residuo del consenso concesso al nuovo che prometteva Grillo? Pigrizia, scarsa vocazione alla rappresentatività collettiva? All’opposto: disincanto, saggia attesa di verificare che non sia un ‘fuoco di paglia’, un impeto a termine, un’ambizione sopravalutata? Al momento non c’è risposta. È invece certezza la cognizione di ‘far male’ alla prosopopea leghista di Salvini, che intimorito dalle piazze delle sardine, non va oltre l’ingenua contromossa di un suo dipendente creativo, che inventa il gattino con un sardina tra i denti. Identico contrappunto al veleno della Meloni, ex babysitter di Fiorello alla testa di neofascisti, che finge di scandalizzarsi per la satira “Meloni…ci rotto i c……i ascoltata in una piazza delle sardine. Eh sì, li ha proprio rotti. “La sua scorta siamo noi”. La dichiarazione entusiasma e commuove l’Italia democratica, l’Italia della democrazia nata dall’antifascismo, dei seicento sindaci di tutto il Paese, di diversa fede politica, destra esclusa, convenuti a Milano simbolo della Resistenza, per stringersi attorno alla nobile figura di Liliana Segre, senatrice a vita, superstite di Auschwitz, circondata dall’affetto e dalla stima di tanti rappresentanti dell’ente locale per eccellenza, il Comune, che hanno risposto all’invito di Sala, sindaco di Milano: “Contro chi semina odio e paura saremo in piazza, come ora Milano”. Parla d’amore Liliana in un clima di festa democratica. Ai sindaci si unisce tanta gente, la stessa dei milanesi orgogliosi del Museo della Resistenza che nascerà nella loro città, la stessa che ricorda le vittime della strage fascista di piazza Fontana. Mancava Virginia Raggi, sindaca di Roma, assenza rilevante, ma c’erano Napoli, Torino, Palermo, Bari, Bologna, Firenze. Sparla di democrazia l’America, che accertata la violazione del giuramento di fedeltà alla Costituzione, per aver anteposto gli interessi personali a quelli del Paese, rischia il no all’impeachment di Trump per il paventato voto contrario del Senato a maggioranza repubblicana. Che dire? È un evidente, macroscopico errore, sottoporre reati del genere al voto della politica e il rilievo sarebbe esattamente lo stesso, se un presidente democratico si macchiasse di un analogo reato. Per chi non ne fosse al corrente: il signor Trump, per essere eletto presidente degli Stati Uniti ha corrotto il leader dell’Ucraina Zelenskij perché ordinasse un’inchiesta sul figlio di Biden, candidato democratico. Ha intralciato le indagini, negato l’accesso a documenti della Casa Bianca e impedito ai suoi collaboratori di testimoniare. Il tycoon, con prove inconfutabili, ha intralciato la giustizia. Il rischio per la democrazia degli Stati Uniti è che i repubblicani del Senato assolvano Trump senza dare neppure un’occhiata alle carte che lo inchiodano. Altro che democrazia….
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