Il Belgio è la meta preferita per le spie orientali, soprattutto quelle cinesi.
Secondo Die Welt – il cui reportage si base su informazioni che arrivano dall’intelligence – le spie cinesi di stanza in Belgio sono almeno 250, più degli agenti russi presenti nel Paese. La rappresentanza di Pechino presso l’Unione europea si dice “scioccata” e bolla l’articolo come “infondato”.
Per Die Welt, il motivo fondamentale è dovuto alla presenza, in Belgio, di importanti istituzioni internazionali, come la Nato e la Ue, compreso il vasto arcipelago di diplomatici, militari e politici; ma anche alla debolezza e frammentazione attuale del quadro politico belga, che quindi esercita meno controlli rispetto al passato ed è più permeabile a possibili infiltrazioni di altre intelligence.
Nota Bruno Hellendorf, ricercatore all’Egemont Royal Institute for International Relations: “La vigilanza è inferiore a quella esercitata dalle altre nazioni. Le barbe finte, quindi, prosperano, diventando un’enorme e crescente fonte di preoccupazione”.
Uno dei casi più recenti – dettaglia Die Welt – è quello di Xu Yanjun, estradato lo scorso anno negli Usa con l’accusa di aver cercato di rubare i segreti industriali al ramo aviazione di General Electric.
Poco più di un mese fa, ad ottobre, è stata poi la volta del direttore dell’Istituto Confucio dell’Università di Bruxelles, bloccato alla frontiera e colpito dal divieto di entrare nell’area Schengen per otto anni.
“Le accuse nei confronti di Xu – scrive il quotidiano tedesco – mostrano alcune delle strategie adottate da Pechino per impadronirsi dei segreti di aziende e governi. Una volta maturata una fitta rete di contatti, esperti di ogni nazione europea vengono invitati a tenere convegni presso l’Università di Aeronautica e Astronautica di Pechino, gestita dal ministero dell’Informazione. Una volta collegati alla rete, i computer degli ospiti venivano violati e saccheggiati”.
Del resto, tre anni fa la State Gride Corp. of China ha cercato di acquistare una quota del gruppo energetico Eandis. Poco prima che l’affare fosse chiuso, sui media uscì un dossier dei servizi segreti che raccomandava ‘estrema cautela’, citando il rischio che le tecnologie belghe potessero essere utilizzate dalla difesa cinese. L’operazione saltò.
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