Giorni fa è stato ucciso in Colombia, durante le ultime sommosse, un diciottenne che osava protestare, Dilan Cruz, al quale un agente della polizia antisommossa locale, Esmad, ha sparato una granata lacrimogena addosso, fracassandogli il cranio. In agonia per un paio di giorni in un reparto di terapia intensiva, Dilan non ce l’ha fatta.
Un nome, quello di Esmad, tristemente e tragicamente noto allo scoppiare delle rivolte anti-liberiste. Si tratta dei famigerati squadroni antisommossa in prima linea nella repressione delle proteste popolari.
Spunta vent’anni fa, nel 1999, Esmad, durante il governo di Andrès Pastrana, in uno dei periodi più acuti della guerra in Colombia. Dipende dalla polizia ed agisce sotto il controllo del ministero della Difesa.
Sebbene sia stato fondato con un decreto transitorio, l’ex presidente Alvaro Uribe (dal 2002 al 2010) lo ha formalizzato ed ha creato il corso che forma gli agenti Esmad, un esercito parallelo composto da ben 3.770 unità (106 donne), di cui oltre 500 (per la precisione 560) sono ‘agenti speciali antisommassa’, armati con molteplici lanciatori di proiettili che possono sparare lacrimogeni, storditori e paintball.
In quasi vent’anni (dal 1999 al 2018) le incursioni di Esmad hanno provocato – calcola la Ong Paz y Reconciliation – 18 morti nella sola capitale, Bogotà. Ma la maggior parte dei sanguinosi e sanguinari interventi si sono verificati del dipartimento di Cauca e nelle aree di presenza indigena.
Negli ultimi anni Esmad ha effettuato molte operazioni di ‘sfratto di proprietà’: quasi 1.200 nel biennio 2013-2015, stavolta secondo i dati ufficiali.
Fino ad oggi – nonostante la giustizia sia pesantemente sotto il tacco presidenzial-governativo – si registrato almeno 40 mila casi in cui gli agenti Esmad sono coinvolti in azioni violente alle quali hanno fatto seguito procedimenti giudiziari. Ovvio che le condanne siano state e siano poche, visto il clima di pesante terrore esistente nel Paese.
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