Intimidazioni e minacce contro i giornalisti, Ossigeno per l’Informazione accende i riflettori sul tema al Press Club di Bruxelles.
Fondato dodici anni fa Alberto Spampinato, fratello del cornista dell’Oradi Palermo Giovanni, ucciso dalla mafia, Ossigenosvolge un continuo monitoraggio sui giornalisti minacciati dalle mafie e non solo. Un bollettino (di vera e propria guerra, è il caso di dire) aggiornato quotidianamente, capace di alzare le cortine di silenzio sia sulle violenze e intimidazioni nei confronti di chi lavora per la libera informazione, che anche contro le sempre più frequenti aggressioni in “guanti bianchi”, ossia per via (sic) giudiziaria, imbracciando querele e azioni risarcitorie civili a botte di soldi. Spesso e volentieri (circa l’80 per cento dei casi) del tutto campate per aria, tanto per puntare un “revolver” alle tempie dei giornalisti.
Ma andiamo al colloquio di Bruxelles, dove è stato affrontato il tema delle intimidazioni e discussa la proposta avanzata da Ossigeno di “unire in uno sforzo coerente e congiunto associazioni non governative, istituzioni, sindacati e politici allo scopo di fare un passo avanti nella lotta all’impunità per i reati contro i giornalisti”. L’iniziativa ha raccolto un generale consenso al “Colloquium”.
Secondo il presidente del parlamento europeo, il giornalista David Sassoli, “è necessario intraprendere azioni più incisive capaci di coordinare il lavoro delle istituzioni, delle Ong, dei sindacati per creare nuovi spazi di dibattito e discussione che affrontino il problema in maniera più diretta”.
E sottolinea: “Il Parlamento europeo sarà in prima linea, intraprendendo azioni di supporto e non solo di mera denuncia”.
La funzionaria della Commissione europea Suzanne Vanderzande conferma l’impegno di proseguire nello sforzo che in questi anni ha portato all’approvazione di due importanti direttive (copyright e protezione dei whistle-blowers) e a sostenere anche sotto il profilo finanziario dei progetti validi formulati dalle associazioni non governative nel campo del monitoraggio e dell’assistenza ai giornalisti vittime di attacchi ingiustificati; e anche a studi e ricerche per stabilire alcuni indicatori del livello di libertà di stampa, come quelli del pluralismo dei media.
Secondo l’eurodeputato europeo del Pd Brando Benifei, “abbiamo bisogno di un codice penale più chiaro sul modo di punire i crimini contro i giornalisti”. E aggiunge: “dobbiamo sostenere il giornalismo di qualità anche sul piano finanziario”.
Paolo Borrometi, da sei anni sotto scorta per le minacce mafiose, ricorda l’ultimo messaggio ricevuto da Daphne Caruana Galizia, la reporter ammazzata a Malta: “sottolineava l’importanza della collaborazione tra di noi sulle notizie che riguardavano traffici illeciti che coinvolgono più paesi”. “Con le mie notizie – continua – ho disturbato affari illeciti che valevano milioni di euro. Di questo si sono lamentate, quando sono stato interrogato dai magistrati, pretendendo di avere ragione, le persone che mi avevano minacciato”.
Secondo Marino Ficco, esponente dell’associazione belga “Basta” che fa parte di una rete antimafia estesa ad alcuni paesi europei, “occorre un’opera di formazione e di educazione per far capire quanto sia importante la libertà d’informazione e quanto sia insidiosa la pericolosa la minaccia della criminalità organizzata. Facciamo questa attività di volontariato e soprattutto di incontri nelle scuole, per sensibilizzare i giovani. Aderisco a questo invito perché sia il cuore dell’Europa a prendere misure contro questo fenomeno”.
Alberto Spampinato, dal canto suo, sottolinea l’importanza dell’incontro, in quanto “ha realizzato proprio l’intento di unire in modo trasversale organizzazioni sociali, istituzioni, sindacati e i loro singoli rappresentanti più interessati a collaborare tra loro per formulare idee e proposte nuove, più concrete di quelle finora prese in esame. Nei paesi occidentali, come Italia e Belgio, bisogna innanzitutto vincere lo scetticismo che impedisce di adottare misure la cui utilità è fuori discussione. Bisogna usare l’arma di convinzione più potente che esiste: il linguaggio dei fatti, il monitoraggio delle violazioni, ben documentato e certificato, fatto sullo stesso territorio in cui si è verificato. Proponiamo di sperimentare questo strumento che in Italia è stato veramente efficace”.
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