Una cosa è certa e avvilente. Dopo la due giorni di consultazioni, sollecitate per uscire dal tunnel della crisi, che grava sul Paese, il giudizio sull’intero sistema politico è di convinta disillusione per le modalità e la sostanza dei tentativi fin qui svolti, immersi nelle nebbie dell’irrisolutezza, dell’ambiguità, di cose dette e negate, di apparenti passi in avanti e sorprendenti irresponsabili retromarce.
Torniamo al punto di partenza. L’assurdo sodalizio 5Stelle-Lega, pilotato da due personaggi emblema dell’incompatibilità, ha inflitto all’Italia quindici mesi di rissa improduttiva, di colpevole agibilità per uno dei due soggetti del contratto, libero senza azioni di contrasto di far svoltare il Paese nella palude del sovranismo, del razzismo, dell’odio. L’iter del governo gialloverde avrebbe operato chissà per quanto tempo in questa pericolosa direzione, se il ministro dell’Interno, vice premier e capo della Lega, non avesse manifestato la presunzione di mettere il the end all’esperienza gialloverde, per dall’impasse operativo del governo e andare al voto, sulla spinta di sondaggi favorevoli. Di qui la richiesta di sfiducia del premier Conte e l’apertura della crisi. In Senato la plateale dissociazione dei 5Stelle dal socio di governo e la rottura traumatica del contratto. Vie d’uscita dalla crisi: elezioni anticipate, fortemente osteggiate dai pentastellati, o una nuova maggioranza di governo, possibile solo con il Pd, partiti satelliti della sinistra e gruppi misti.
Oggi il via alle consultazioni e intreccio di rumor su trattative con Zingaretti, eterodirette dal tandem Grillo-Casaleggio. Fratelli d’Italia: “Al voto subito”, Forza Italia: idem, Gruppi misti, con l’eccezione di Lupi, ex berlusconiano: “Sì al governo giallorosso”. Nel pomeriggio il Pd: “Accordo, ma con cinque pregiudiziali invalicabili” e, aggiungiamo, qualche distinguo interno, ma unanimità della direzione. Salvini: “Al voto, al voto, ha fatto bene Di Maio, sul taglio dei parlamentari sì e se ci chiedono di contribuire alla risoluzione della crisi ci siamo”. Per ultimi Di Maio e i suoi luogotenenti: “Governo di legislatura, ma con partenza ineludibile da dieci punti, primo e obbligatorio il taglio dei parlamentari”. Nasce dall’assenza di citazione del Pd nelle dichiarazioni di Di Maio, la voce del cosiddetto doppio forno, ovvero di una porta ancora aperta a una riedizione dell’esperienza gialloverde. Vero, falso?, Indiscrezioni strumentali in una direzione e nell’altra della chiusura definitiva alla Lega. I sospetti: il Pd non fa chiarezza sul taglio delle poltrone (“5Stelle”), Di Maio gioca su due tavoli (“Pd”).
Dalla fine della consultazione dei 5Stelle all’esternazione trascorrono due ore. Perché? In centoventi minuti succede di tutto. Salta la trattativa giallorossa? No, è in corso. La Lega non molla, i grillini sarebbero per un ritorno a Salvini. E un’altra serie di soffiate contraddittorie, che hanno evidentemente irritato il presidente della Repubblica. Mattarella, con evidente fastidio, ha concesso ai partiti altro tempo, fino a martedì, per nuove consultazioni. Il finale? Impossibile da pronosticare. Di agevole lettura è la modestia di vertici e non della politica italiana. In questa nuova prova di maturità e di attenzione alla priorità dei temi d’interesse del Paese, il livello di neghittosità ha varcato ogni pessimistica valutazione
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