“In Olanda si sono posti l’obiettivo si far cessare la sperimentazione animale entro il 2025. Anche l’Italia dovrebbe porsi un obiettivo simile, mettendo fine a quelle prassi di vivisezione ancora molto presenti in Europa e nel nostro Paese”.
Lo ha sostenuto la parlamentare 5 Stelle Doriana Sarli intervenendo al dibattito clou che ha caratterizzato la quinta edizione dell’Animal Day Napoli svoltosi al museo PAN per documentare le alternative possibili che esistono a quelle atroci “procedure” come oggi vengono eufemisticamente definite in sede Ue. Un confronto dal titolo emblematico, appunto, “Oltre la sperimentazione animale”, moderato da Stella Cervasio, giornalista storica di Repubblica Napoli e Garante per i diritti degli animali al Comune di Napoli.
Al convegno ha preso parte il professor Augusto Vitale dell’Istituto Superiore di Sanità, il quale ha illustrato i percorsi per rendere quanto più “dolci” e il meno dolorose possibili quelle “procedure”. La sperimentazione animale – a suo parere – è ancora utilissima, perché valorizza le “somiglianze” tra uomo e animale a livello genetico.
Attualmente esiste una legislazione comunitaria del tutto insufficiente, la quale consiglia appena, en passant, si passare ai “metodi alternativi”, lasciando intatte e per ora intangibili le prassi antiscientifiche di sperimentazione animale.
I numeri, del resto, parlano chiaro. 11 milioni e mezzo di vivisezioni l’anno in Europa, quasi 600 mila in Italia. Per far cosa? Niente che serva realmente al progresso scientifico e alla ricerca di nuovi farmaci che possano risultare utili per la salute umana. Ma solo a ingrassare i conti di Big Pharma, vale a dire delle case farmaceutiche che anche in questo settore fanno business arcimilionari in tutti i paesi; e di quella ricerca fasulla che vive di fondi pubblici destinati, appunto, alla vivisezione.
Secondo Bruno Fedi, il cofondatore del Movimento Antispecista, si tratta di prassi oltre che moralmente al di là di ogni confine, del tutto inutili per il progresso medico-scientifico, dal momento che i risultati non sono trasferibili in campo umano, non sono “predittivi” e sono solo condizionati dagli interessi economici di Big Pharma.
Il medico veterinario Manlio Calleri, tra i promotori della Limav (Lega Internazionale Medici per l’Abolizione della Vivisezione), nel corso del dibattito partenopeo ha illustrato alcuni dati che si commentato da soli. “Su 5 mila sostanze testate, solo una poi viene venduta come farmaco e addirittura appena mezza risulta sicura. Quindi una percentuale pari al 99,99 per cento viene scartata quando dai test sugli animali si passa all’uomo. Non è finita: perchè oltre la metà dei prodotti che passano, risultano poi causare reazioni avverse”.
Una totale follia scientifica, causata solo dai mega interessi economici alimentati da Big Pharma.
E pensare che gli stessi farmaci, prima di essere messi in commercio, devono ancora essere testati sugli umani. In tre fasi: prima su dei “volontari sani” pagati per via dei rischi che corrono e lo fanno praticamente di professione; poi su un gruppo di “volontari malati” di quella patologia; infine su un “numero allargato di malati”.
Osserva Calleri. “Perchè continuare nelle crudeli, inutili e assurde prassi di vivisezione visto che non servono a niente? Non è solo questione di specie, ma di storie genetiche del tutto diverse dentro le stesse specie, e tra individio e individuo. Perfino due gemelli omozigoti hanno storie genetiche diverse, fuguriamoci se è possibile trasferire i risultati delle ricerche da un ratto all’uomo!”.
Continua Calleri: “L’unica strada è quella di destinare fondi e cercare la soluzione nei metodi alternativi, o meglio sostitutivi, che vanno dalle più approfondite ricerche applicative per le staminali alle biotecnologie”.
Ma fino ad oggi – civile Olanda a parte – l’Europa e l’Italia non ci sentono.
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