“Bell’Italia”, è ancora vero?

Adorabile Elle Kappa. Oggi mette in bocca ai suoi attori di vignette fulminanti “Siamo dalla parte giusta della storia, dice Di Maio” Risposta: “Sul medioevo è preparatissimo”.

La stupefacente sorpresa è firmata però da Francesca Pascale, la girl di don Silvio Berlusconi che twitta un eloquente “mai con Salvini” e pubblica su wahtsapp una serie di immagini a senso unico, per sputtanare il ministro dell’Interno con frasi che lo ridicolizzano. Dietro la satira della Pascale si intravvede la doppia strategia di quanto residua di Forza Italia: è guerra civile tra i pro Salvini e i suoi detrattori, di cui è leader la napoletana Pascale, che non dimentica gli insulti del leghista al Sud.

Vola un boomerang Montecitorio: l’invocazione dei grullini “onestà, onestà” torna indietro, restituita in parlamento dal Pd. La motivazione? I tempi da lumaca dei lavori per il decreto su Genova, lo scandaloso condono edilizio degli abusi di Ischia proposto da Di Maio per ingraziarsi gli elettori della sua circoscrizione. I dem: “5Stelle ipocriti” e “Con voi i disonesti fanno affari”. Il malumore anti 5S è anche interno. Quattro deputati pentastellati, Paola Nungnes, Matteo Montero, Gregorio De Falco ed Elena Fattori si rifiutano di votare il decreto sicurezza caldeggiato dalla Lega e il ducetto Di Maio risponde con la minaccia di espulsione, che tanto ricorda le epurazioni del Ventennio per liberarsi del dissenso.

Governo in bilico e conclusione prematura della legislazione? Improbabile. Non per Goldman Sachs, una delle più grandi banche d’affari del mondo. Scommette sulla caduta dell’esecutivo in primavera. Magari…

L’appetito vien mangiando. Sollecitata dalle rilevazione dei sondaggisti, la Lega non è mai sazia di potere. Con fare da sciacallaggio coglie le conseguenza del disastro romano e le addebit all’insipienza della Raggi. Senza rivelare per il momento le vere ragioni dell’assalto al Campidoglio, spera nella condanna della sindaca per sferrare l’attacco finale e candidarsi alla guida della capitale. Il capogruppo della Lega: “La Raggi è un disastro, si deve dimettere”. I gialloverdi osano definire le accuse alla sindaca un segnale del clima di pace 5Stelle-Lega? Di Maio che ne pensa? Qualcuno dei suoi sospetta che la Lega abbia nostalgia di Alemanno. Ma che bel castello, ‘marcondiroindirondello’.

L’incrollabile fede dei “me ne frego” grullinleghisti non ha limiti. Stagna l’economia, Pil con il freno tirato, miliardi su miliardi ingoiati dalla quota oltre trecento dello spread, borse in sofferenza, mutui più cari, risparmi degli italiani a rischio? Quisquilie per “Ce l’aveva duro Salvini” e l’“Incompiuto” Di Maio, che all’unisono, da super incoscienti, dichiarano “tiriamo diritto”.

Per non farsi mancare nulla in tema di risse tra alleati del cosiddetto contratto di governo, leghisti e grullini vengono quasi alle mani in corso di seduta del consiglio regionale del Piemonte. In ballo il Tav, che ai pentastellati non va giù per non scatenare l’ira funesta della base e alla Lega invece fa gola. Che bella musica il “garbato” duettare tar soci. La capogruppo valpadana rivolta ai grullini: “Cialtroni”. I Pentastellati: ? “Vaffa”.

Servirebbe una puntata della riedizione di “Torto o ragione”, format Rai del primo pomeriggio, in cui parti avverse si scannavano senza pietà. Il caso del Treno ad Alta Velocità gli starebbe a pennello. Il no dei grullini a infrastrutture ritenute inutili e troppo costose è franato in Puglia dove hanno dovuto sottostare al diktat leghista e il Tap si farà. Situazione ribaltata per il Tav. Il no dei grillini è la ripicca per aver subito il sì al gasdotto. Ora è il carroccio in difficoltà. Non vuole scontentare le imprese del nord leghista, ma deve subire l’ostracismo pentastellato, pena la rivolta armata della sua base. Se prevarrà, il no grullino costerà all’Italia 4 miliardi di euro, oltre il pagamento delle penali alle imprese private degli appalti.

Quasi tutto fatto per le nomine Rai. E’ vero, in passato a ogni connotazione politica del governo ha corrisposto la copertura clientelare sullo scacchiere dell’informazione. Quanto succede ora lo ricalca, dunque perché scandalizzarsi? La ragione è semplice, perché il comico genovese e i suoi picciotti hanno giurato che con loro al governo i partiti sarebbero rimasti fuori dalla Rai e invece…: Giuseppe Carboni, giornalista al seguito del grillismo, assume la direzione del Tg1, Gennaro Sangiuliano, titolare di un passato di destra con Almirante e i suoi successori, poi di un paio di salti della quaglia, approda alla corte di Salvini e diventa il numero uno del Tg2. Al Tg3 si insedia Giuseppina Paterniti. I cattivi le attribuiscono la stretta parentela con una grullina doc. In bilico restano le nomine dei direttori di rete. In gioco c’è l’incredibile sponsorizzazione di Salvini per un certo Casimiro Lieto, contento e appunto lieto di cotanta spintarella, dal momento che per titoli dovrebbe continuare a scrivere le battute per la Isoardi, compagna del “Ce l’aveva duro” ministro dell’Interno. Questi batte i pugni sul tavolo perchè diventi direttore di una delle reti Rai. Viva la Rai, cantava Renato Zero, ma allora la lega era quasi zero.


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