“Entro novembre il codice degli appalti sarà del tutto smontato e riscritto”. Promessa del vice premier e ministro degli Interni Matteo Salvini.
Un argomento da sempre bollente, mai seriamente affrontato dalla politica di casa nostra, per evitare lacci e laccioli alle imprese amiche, a quei mattonari che per decenni hanno finanziato partiti e soprattutto correnti di partito.
La bellezza di 33 anni fa Aldo De Chiara, uno dei magistrati che più si sono impegnati su questo fronte nella città simbolo dell’abusivismo, Napoli, sottolineava: “se non si vara una legge sugli appalti seria, in grado di tener fuori le imprese di camorra, e quindi di affrontare in modo non finto la materia dei subappalti delle revisioni prezzi e quant’altro, non se ne esce. Ad aggiudicarsi gli appalti saranno sempre i più forti, i politicamente protetti e la camorra la farà da padrona nei subappalti e in tutto il vasto fronte delle forniture, che vanno dal movimento terra alle cave e al pietrisco, al calcestruzzo, al cemento e così via”.
Da allora sono passati – ripetiamo – 33 anni tondi tondi, niente è successo se non leggi e leggine, norme e regole che hanno addirittura finito per peggiorare la situazione: complicando la macchina amministrativa, a tutto vantaggio dei furbi, e allentando i controlli, invece basilari in un simile contesto popolato da mafiosi e faccendieri.
Lo si è visto in modo palese con tutti i grandi lavori pubblici, a partire dal dopo terremoto in Campania e Basilicata del 1980, passando per l’Alta Velocità, continuando con la Salerno-Reggio Calabria, proseguendo con il Mose e traversando tutte le ampie praterie dei lavori pubblici.
Nessun effettivo controllo su appalti e subappalti, varianti in corso d’opera a iosa, revisioni prezzi a go go, sorprese geologiche a piene mani: un perfetto cocktail per far lievitare i costi in modo stratosferico e rendere alcune opere praticamente “eterne”, come sta succedendo, per fare un solo esempio, con la metropolitana di Napoli, i cui lavori iniziarono addirittura nel 1976.
Entra poi in campo l’Anac, l’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, che spesso e volentieri finisce per essere una realtà, ottima nelle intenzioni, ma solo sulla carta; e per non pochi casi eclatanti denunciati da gruppi e associazioni, fa orecchie da mercante. La bella foglia di fico voluta dall’ex premier Matteo Renzi per dare una verniciata di legalità al mondo dei lavori pubblici?
Arriviamo ai giorni nostri. Ad agosto, il ministro per le Infrastrutture, il 5 Stelle Danilo Toninelli, afferma che nel corso del mese di settembre il governo avrebbe cominciato a pensare ad alcune lineee guida in grado di poter aprire, poi, le consultazioni. Si punta – dice – ad una azione articolata in due fasi: in primo luogo l’approvazione di un decreto legge contenente delle modifiche delimitate e di impatto immediato, soprattutto per sbloccare alcuni cantieri strategici. Il tutto provvedendo a semplificare e accelerare le procedure”.
Quindi un vero e proprio tavolo tecnico per la prospettiva. “Il ministero delle Infrastrutture – annuncia Toninelli – lavorerà a stretto gomito con l’Anac per poter elaborare delle normative più semplici e lineari sul tema dell’affidamento degli appalti, consci del fatto che l’illegalità prolifera dove le regole sono opache e quindi di dubbia interpretazione”.
Quindi, snellire le procedure non significa affatto – secondo il ministro – abbassare la guardia sul fronte della legalità.
“La macchina degli appalti – aggiunge Toninelli – deve essere sempre più efficiente. E per questo ci vuole uno snellimento amministrativo, ad esempio sul versante delle delibere Cipe”.
A proposito di grandi lavori. “Puntiamo – continua – ad una rete di tante piccole opere diffuse che servano realmente ai cittadini, limitando le priorità per opere mastodontiche dispendiose”.
Vedremo cosa succederà entro novembre e se la promessa di un nuovo codice degli appalti diventerà finalmente una realtà dopo anni di promesse & bugie.
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