Le banche hanno sempre ragione. E ora passano all’incasso dopo il Bingo toccato a Intesa Sanpaolo che s’è vista restituire dallo Stato un bel malloppo, 80 milioni. Si fosse trattato di un privato cittadino o di una piccola impresa, per una cifra ben minore, un miracolo del genere non si sarebbe mai verificato. La vicenda è emblematica della farraginosità di leggi e normative, o meglio della inestricabile giungla di leggi malfatte, contraddittorie, sballate che vanno sempre a favore dei ricchi, o comunque di chi ha molto, e a scapito di chi a stento sopravvive.
Ecco la storia, che risale al 2004, quando per le banche che fino a quel momento avevano agito anche come esattorie, scattò un condono che permise loro di sanare tutta la montagna di irregolarità amministrative fatte registrare fino a quel momento.
Buona parte degli istituti di credito aderirono al condono, e tra questi Intesa Sanpaolo, che versò all’erario 54 milioni di euro.
Pochi anni dopo cosa succede? Una nuova legge, che si definiva “interpretativa”, annulla in pratica quanto previsto dalla prima legge di condono, ne vanifica gli effetti e ne vara una nuova – sic – la quale a sua volta prevede l’erogazione di una cifra per il neo condono, una bella botta da 80 milioni per Intesa.
Obbediente, Intesa scuce gli 80 milioni, ma contemporaneamente presenta un ricorso ritenendo ingiusto il secondo versamento. A patrocinare l’istituto di credito un professore di fama, Natalino Irti, coadiuvato dall’avvocato Francesco Arnaud.
Adesso è arrivata la sentenza pronunciata dal tribunale di Roma: hanno ragione Intesa e le altre banche ricorrenti e per questo dovranno riottenere la seconda tranche, più interessi, che nel frattempo rappresentano un bel gruzzolo. A rendere le somme, tra cui appunto gli 80 milioni più interessi a Intesa Sanpaolo, saranno la Presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero dell’Economia e l’Agenzia delle Entrate.
Sorgono spontanee alcune domande: ma non c’è sotto qualcosa, visto che l’errore sarebbe troppo clamoroso? Chi, poi, avrebbe mai firmato quella “legge interpretativa” suicida? Non dovrebbe caso mai essere lui – o loro – a restituire il malloppo, e non lo Stato, cioè i contribuenti, i risparmiatori, noi? Non sarebbe il caso di andare un po’ più a fondo per fare in modo che chi sbaglia finalmente paga e a mettere una pezza a colori su tutta la malamministrazione e malagestione non siano i soliti idioti?
E poi: non sarebbe il caso di aprire un’inchiesta, a questo punto penale, affidata alla stessa procura di Roma per identificare i responsabili dell’incredibile sceneggiata a botte di soldi e praticamente ignota agli italiani?
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