Ricordate il pelato e grasso beneventano che viaggia in jaguar rossa intervistato dei cronisti dell’Arena di Massimo Giletti solo qualche giorno fa? E ancor prima inseguito dai reporter della Gabbia per spiegare il suo particolare modo di far soldi sulla pelle degli immigrati?
Bene, il 21 luglio è stato arrestato per ordine della procura di Benevento.
Sorge subito spontanea la domanda, grossa come uno dei centri – una dozzina – di sua proprietà che ospitano migranti in condizioni “ai confini della realtà”, non certo gli alberghi 5 stelle di cui spesso e volentieri favoleggia Matteo Salvini.
Ecco l’interrogativo. Ma dovevano aspettare la trasmissione di Giletti, i magistrati sanniti, per arrestare Paolo Di Donato – questo il nome dello schiavista in Testa rossa – e la sua band, composta soprattutto da funzionari prefettizi e amministrativi che chiudevano gli occhi e intascavano mazzette?
Dicono negli ambienti forensi: l’inchiesta era partita tre anni fa, a metà del 2015, per impulso di due magistrati di provata esperienza, Aldo Policastro e Giovanni Conzo, per anni in servizio alla procura di Napoli e con grosse inchieste sulla malavita alle spalle.
E allora: cosa si aspettava prima di sbattere trafficanti & complici in galera e liberare quei poveracci ridotti come neanche nei lager o a Guantanamo? Non era bastato il servizio della Gabbia, ci voleva anche quello dell’Arena?
Si aspettava forse di capire meglio il significato di alcune intercettazioni, di alcune frasi intercorse tra chi fa soldi sulla pelle della gente? Così, per fare un esempio, raccontava Felice Panzone (un cognome che è già tutto un programma), funzionario alla prefettura di Benevento, ad un’amica: “Tuo figlio vuole guadagnare 10 mila euro al mese? E’ semplice: 10 migranti, 10 mila al mese lordi, 30-35 per cento di utili: tu me lo mandi, io gli spiego come si fa e gli faccio aprire un centro di accoglienza a Benevento”.
Facile come bere un bicchier d’acqua. E così ha fatto per anni mister Di Donato, ex amministratore e poi consulente del Consorzio Maleventum (altro nome che è tutto un programma, per quei disperati).
Controlli? Chissenefrega? Verifiche? Al diavolo. Del resto, il dinamico Di Donato era anche in contatto ‘operativo’ con un uomo che conta come Luigi Barone, capo della segreteria politica dell’ex sottosegretario alla Difesa, Gioacchino Alfano. I due, infatti, amichevolmente parlano a proposito dei controlli Nas.
Sottolineano il procuratore capo Policastro e l’aggiunto Conzo: “Quello che colpisce è la permeabilità della pubblica amministrazione, considerato l’elevato numero di funzionari finiti nell’inchiesta, compresi quelli del ministero della Gustizia e dell’Interno”.
E colpisce ancor più il ritardo nell’adottare provvedimenti ad hoc per impedire ai trafficanti di continuare imperterriti a delinquere. E a far affari a molti zeri.
Ma per fortuna che Giletti c’è.
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