CHIARA APPENDINO / IL GIALLO “REAM” E “IL SISTEMA TORINO”

Non solo i gravi incidenti nel dopogara di Real Madrid Juventus che hanno provocato la morte di una giovane tifosa. Adesso per Chiara Appendino la rogna del “caso Ream”, nel quale sono coinvolti anche l’assessore al Bilancio Sergio Rolando e l’ex capo di gabinetto del sindaco, Paolo Giordano. 

La procura di Torino, infatti, ha appena notificato ai legali del primo cittadino pentastellato la “chiusura indagini”. Ora gli stessi legali dovranno produrre le memorie difensive entro 20 giorni; dopo di che si terrà l’udienza davanti al giudice per l’udienza preliminare il quale dovrà decidere sul rinvio a giudizio. 

Il caso scuote non poco quel “Sistema Torino” che ha fino ad oggi “tenuto insieme” il potere politico – negli ultimi anni sempre impersonato dal Pd targato prima Chiamparino e poi Fassino – con quello economico & finanziario, rappresentanto dalle Fondazioni bancarie. 

Il giallo Ream nasce infatti con la giunta guidata dal Pd Piero Fassino nel 2013. All’epoca il Comune deve decidere circa il destino di un’importante area a un passo dal Palazzo di Giustizia. Per quell’acquisto si fa avanti Ream, una sigla che riunisce sotto il suo ombrello la crema delle Fondazioni che fanno capo a banche, istituti di credito & casse di risparmio piemontesi. A partire dalla potentissima Compagnia di San Paolo, capitanata da Francesco Profumo; sotto braccio, nel vasto azionariato, anche Fondazione CRT, Fondazione CrAsti, Fondazione Cassa di Risparmio Vercelli, Cuneo, Alessandria. Insomma il gotha del potere finanziario locale, con il quale le giunte di sinistra (sic) sono sempre andate d’amore e d’accordo.

Almeno fino al caso Ream. Cui cinque anni fa interessa non poco l’area ex Westinghouse a un passo proprio dal Palazzo di giustizia. Dà al Comune, Ream, una caparra da 5 milioni di euro. Ma l’affare non si chiude, per via di un’offerta da 20 milioni di euro presentata dalla società “Arteco-Maiora” e accettata. 

A questo punto il municipio torinese deve restituire la caparra. Qui prende le mosse il balletto, teso a rinviare la restituzione, con annessi problemi per quanto concerne la redazione dei successivi bilanci, ossia in che modo considerare quell’importo.  

Comincia la trattativa tra i legali del comune e quelli di Ream. Alla fine i primi si impegnano a pagare la somma nel 2018. 

Intanto, però, l’opposizione passa al contrattacco e accusa la giunta di non voler onorare i suoi debiti. Ed è così che il capogruppo del Pd, Stefano Lo Russo, e il consigliere comunale Alberto Morano presentano un esposto in procura. 

Parte l’inchiesta, coordinata dai pm Enrica Gabetta e Marco Gianoglio. Non da poco i capi di imputazione: abuso d’ufficio e falso ideologico in atto pubblico, “in relazione al rendiconti del bilancio 2016 e a quello di previsione del 2017”.

Commenta un amministrativista di Torino. “Somiglia in parte alla vicenda che ha riguardato il sindaco Virginia Raggi a Roma. In questo caso bisogna tener conto dello scenario di potere che faceva e fa ancora da sfondo: la presenza sempre invasiva delle Fondazioni nella vita politica. La Appendino in due anni non è riuscita ad affrancarsene e questa vicenda lo documenta in modo chiaro: cominciata la storia sotto il governo Fassino, è proseguita con la giunta Appendino, che però poi l’ha chiusa, deliberando la restituzione della caparra per il 2018. Quindi sembra tutto non poco pretestuoso, ottimo comunque per dare un avvertimento al sindaco: il potere finanziario ti sta addosso, quel ‘Sistema Torino’ continua a star lì. Senza contare il palese tentativo dell’opposizione Pd di indebolire il primo cittadino pentastellato”. 

     


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