“Mi sono rotto…” Irrispettosa provocazione del concertone

Lodo, sì quello simpaticissimo di “Una vita in vacanza”, ventata di allegria musicale non priva di sano polemismo, secondo osservatori in vena di censura è imputato di lesa maestà con il suo gruppo “Lo Stato Sociale” per la manipolazione di un successo allestita per il Concertone del Primo Maggio, nella storica piazza romana di San Giovanni. Apertura della maratona musicale dei protagonisti assoluti dell’ultimo Sanremo. Il brano, di per sé provocatorio (“Mi sono rotto il cazzo”) ha preso di mira la presidentessa del Senato Casellati, Luca di Montezemolo, autore della bozza di governo dei grillini e Della Cananea, teorico dei 5Stelle. Sui social un anatema dello spregiudicato gruppo sulla condizione dei lavoratori: “”Puoi consegnare trenta pizze in un giorno e nessuno ti paga un contributo, le ferie, la tredicesima. Se ti fai male cazzi tuoi, sei fuori dal giro e tanti saluti”.

Attualità nel testo: critiche al governo, razzismo, obiettivo gli immigrati “nel Paese dove è chic mangiare pesce crudo alla giapponese e non meno il kebab”. Di rottura in rottura. “Mi sono rotto il cazzo” delle spese militari, del vuoto elettorale, delle colpe addebitate agli immigrati, delle trattative per il nuovo governo, di Renzi sì, Renzi no, di alleanze con quelli di Casa Pound, ma certo, senza il duce”.

Decine di migliaia i ragazzi in piazza San Giovanni, quelli del rock, euforici per la presenza in maggioranza assoluta di gruppettari, famosi o emergenti e di rapper. E il lavoro? Certo, era nel titolo del concertone “Sicurezza, il cuore del lavoro”, nelle performance di Ambra Angiolini che ha letto il testo di una famosa canzone brasiliana, storia di un operaio che esce di casa per andare al lavoro e non vi fa ritorno, e un brano da “Furore” di Steinbeck. Per dare senso alla “festa” un attore ha raccontato delle 146 vittime di un incendio in una fabbrica di Triangle, in gran parte ragazze italiane dai 13 ai 22 anni, chiuse a chiave nella fabbrica all’ottavo piano di un grattacielo di New York, impossibilitate a salvarsi dall’incendio dei locali. Ha ricordato una di loro, che per sfuggire alle fiamme si è lanciata nel vuoto ed è morta così. Pochi applausi da piazza San Giovanni, entusiasmo a mille decibel per gli idoli del rock. Una versione rivisitata di “Bella ciao” è scivolata via senza destare emozione nei trentamila della piazza romana.

E il lavoro, il Primo Maggio di lotta? Napoli, anni sessanta. Di buon mattino la piazza grande intitolata a Garibaldi si andava animando di lavoratori, striscioni, bandiere e in breve diventava folla, combattiva, una marea, anticipata dai segretari di CGIL, CISL e Uil. Due ali di folla plaudente ai lati del corteo e quando la testa raggiungeva piazza Matteotti per il comizio, la coda era ancora all’inizio del Corso Umberto. Lo speaker dal palco allestito davanti al monumentale edifico delle Poste annunciava al microfono “Salutiamo i compagni dell’Italsider…I lavoratori in lotta della Snia…la parola al compagno licenziato per rappresaglia antisindacale…la parola a Daniela, studentessa del Liceo Vico…” Immancabile la contestazione di un a manipolo di anarchici, isolati dal servizio d’ordine.

1° Maggio 2018. Concertone a Roma, concerti in tono minore in altre città. A Napoli, Taranto. Concerti, dirompente allegria giovanile, probabilmente di tanti ragazzi tra loro destinati a militare nell’esercito dei senza lavoro. Musica, neppure una bandiera sindacale e tanto meno dei partiti di sinistra. Di sinistra, con qualche eccesso di insolenza la band dello Stato Sociale, le incursioni di Ambra in testi sul tema “Sicurezza, cuore del lavoro”, un tributo a De André, alla sua canzone sul maggio.

Poco più e anche questa è l’Italia.


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