L’Espresso scopre l’America. E in più il Brasile e l’Argentina, superando in tromba Cristoforo Colombo.
Lo scoop del secolo nasce sotto il titolo “Tangenti dei due mondi” e riguarda le acrobatiche imprese del gruppo Techint che fa capo ai fratelli Gianfelice e Paolo Rocca.
Peccato che su quelle tangenti sudamericane indaghi ormai da anni non solo la magistratura carioca, – con la sua Lava Jato – ma anche per “corruzione internazionale” la procura di Milano, che da parecchio ha aperto anche un altro scottante fascicolo: stavolta dedicato al pozzo di “San Faustin”, il tesoro non solo di casa Rocca ma anche di parenti & amici eccellenti, prima acquartierato in Svizzera poi in Lussemburgo.
Ed è da svariati anni che la Voce ha puntato i riflettori sulle miliardarie imprese di Rocca & C. Fin da quando – fine anni ’80 – sul ponte di comando siedeve l’amico di una vita, Paolo Scaroni, all’epoca rampante manager.
A Techint big Scaroni si fece le ossa, per poi alzare il volo verso i vertici del ricco parastato, da Enel ad Eni. Per approdare – tra i cento altri incarichi – ai dorati lidi del maxi fondo statunitense Elliot, che oggi contende al colosso francese Vivendi il controllo di Tim. E proprio come portabandiera Elliot Scaroni ha in mano il destino societario del Milan che – dopo misteriose manovre – è passato da un altro grande amico, Silvio Berlusconi, ai cinesi. Ottimi comunque i rapporti anche con Matteo Renzi, che voleva proprio Scaroni al vertice della nuova Ilva.
E sempre su Techint a metà anni ’90 la Voce dettagliò un’altra story, che portava fino ai misteri del giallo Alpi. I due cronisti massacrati a Mogadiscio, come è ormai acclarato, indagavano su traffici internazionali di armi e soprattutto rifiuti super tossici in rotta verso la Somalia. E proprio in quegli anni Techint aveva la Somalia nel suo già ricco portafoglio lavori: lavori finanziati attraverso i fondi della cooperazione internazionale (altro focus di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin) e i fondi FAI (fondi aiuti internazionali), all’epoca una vera manna per tante imprese.
E sempre all’epoca andava per la maggiore il garofano craxiano, con un Gianni De Michelis e una Margherita Boniver nel motore. Quest’ultima, fra l’altro, è cugina di Scaroni. E non sono da dimenticare gli ottimi rapporti tra i politici di casa nostra (in primis i socialisti, appunto) con l’allora dittatore somalo Siad Barre (era in rapporti anche d’affari con i fratelli Pisante, imprenditori pugliesi a loro volta legati ai Rocca).
Quelle ricerche di Ilaria e soprattutto gli affari di Techint in Somalia vennero alla luce nel corso di un processo intentato da un dipendente della stessa Techint, Davide Cafiero. Unico giornalista italiano a riferirne, allora, l’inviato del Corriere della Sera Massimo Alberizzi (Voce marzo 2004: “Dalle Alpi agli Appalti”).
Un altro elemento: l’avvocato somalo trapiantato a Roma, Douglas Duale – che è il legale di Hashi Omar Hassan, il presunto assassino dei due giornalisti che s’è fatto 16 anni di galera da innocente – è in possesso di una serie di fotografie che ritraggono molti fusti di rifiuti tossici lungo la strada che da Bosaso porta alla costa somala. Fusti giunti via mare e interrati: ma parecchi sono riaffiorati nel tempo.
Come mai nessuno s’è mai sognato di far luce davvero su quelle rotte e quei traffici?
Nella foto Paolo Scaroni e Gianfelice Rocca
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