Adesso Repubblica scopre che la mafia è più forte di trent’anni fa. Ci volevano le truppe speciali messe in campo da Ilvo Diamanti e un sondaggio apposito realizzato da Demos-Coop per scoprire l’acqua calda. E per accorgersi che la malavita ormai più che organizzata è sbarcata da qualche annetto al centro-nord. Roba da Pulitzer!
Partiamo dal titolo, già tutto un programma: “Mafia, per un italiano su tre è ancora più forte di trent’anni fa”. E per gli altri due? Forse è più debole?
Il sottotitolo: “la percezione della criminalità organizzata resta molto alta e anche nel Settentrione è aumentata la paura di infiltrazioni”. Molto alta? Infiltrazioni?
Ma ecco che il temino dello scolaro Ilvo comincia: “La mafia, fino a qualche tempo fa, aveva un marchio territoriale preciso. Perchè il suo rapporto con il territorio era stretto”. Bravo, sette più.
E poi: “Ma oggi la situazione è cambiata profondamente. E le mafie si sono diffuse dovunque. A Roma, dove c’è Mafia Capitale. Ma soprattutto a Nord, e oltre confine”, dove c’è il Monte Bianco e scorre il Po. Roba che neanche al cottolengo.
E continuano così due paginoni 2 (la seconda e la terza, scherziamo mica!) pieni di grafici e torte da leccarsi i baffi, per tutti i gusti dell’ignoranza più crassa.
Che le mafie siano sbarcate al centro nord è roba nota da quasi trent’anni. Gli affari criminali erano ormai troppo stretti nei territori di origine e per lavare e riciclare meglio era ovvio doversi trasferire un po’ più in là, dove dare meno nell’occhio e trovarsi a lavorare con tutta tranquillità. E in regioni, caso mai, dove le procure antimafia e le direzioni investigative erano lontane mille miglia.
Sono di fine anni ’80 i primi segnali in arrivo, tanto per fare un esempio, dalla costiera romagnola. Come nel caso della Fiera di Rimini, dove alcuni operatori già allora indicavano in appalti e subappalti alcune strane presenze napoletane che gareggiavano nel settore delle pulizie.
E sono sempre di fine anni ’80 le prime trasferte nelle verdi Umbria e Toscana, vuoi per entrare con discrezione tra i saloni del Kursaal di Montecatini (come fece ad esempio il clan Galasso) oppure per acquartierare a Lucca e dintorni le sedi legali e operative di alcune società di riferimento, come è capitato per il clan Sorrentino, troppo in vista nel vesuviano.
E negli anni seguenti le nuove vie del riciclaggio, anche all’estero. Come successe per il clan La Torre di Mondragone, che pensò bene di puntare le sue fiches su alberghi e night scozzesi, con una meta prediletta, quella di Aberdeen. “I Don di Deen”, titolò un quotidiano di Edimburgo. E per la Voce, all’epoca, scrisse un’inchiesta Amato Lamberti, il fondatore dello storico Osservatorio sulla Camorra al quale collaborava Giancarlo Siani.
E oggi “la percezione della criminalità resta molto alta”. Ma fateci il piacere.
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.