Suona la fanfara dei Renzi boys dopo l’audizione del pm Roberto Rossi davanti alla commissione d’inchiesta sulle banche. Noi siamo candidi come gigli, papà Boschi non c’entra niente con lo scandalo Etruria, è tutta colpa della Banca d’Italia.
Un teste, Rossi, in palese conflitto d’interessi, dal momento che da qualche anno è diventato consulente “per le questioni giuridiche” degli esecutivi Letta e Renzi. Un ruolo che perfino il Csm ha ritenuto “inopportuno”. E tanto più in seguito, visto che Rossi è poi diventato titolare delle indagini sulla stessa Banca Etruria e sul ruolo di Pierluigi Boschi. Davanti al Csm Rossi ha addirittura negato di aver indagato sul padre della allora ministra per le Riforme, Maria Elena Boschi.
La sceneggiata dei lavori della Commissione parlamentare presieduta da Pierferdinando Casini prosegue.
Ma a questo punto l’interrogativo è soprattutto uno: chi non verrà sentito?
Tre, infatti, sono i big che dovrebbero scendere in campo. Ovviamente lady Boschi, uno dei pomi della discordia.
E uno dei suoi ‘accusatori’: Federico Ghizzoni, l’ex presidente di Unicredit che – secondo la ricostruzione di Ferruccio de Bortoli nel suo ‘Poteri Forti’ – avrebbe ricevuto pressioni dalla stessa Boschi (e dal ministro Graziano Delrio) affinchè Unicredit intervenisse in soccorso di Etruria.
Dulcis in fundo il presidente della BCE Mario Draghi, all’epoca di molti fatti bollenti al timone di Bankitalia. Potrebbe dire la sua su tante patate bollenti, a cominciare dalla folle incorporazione di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena, operazione che ottenne il suo esplicito avallo.
Ma a quanto pare Casini non intende disturbare il gran burattinaio della finanza europea: facendosi scudo del fatto che lo stesso numero uno della Bce è tutelato da alcuni accordi internazionali.
E gli altri due? Visto il clima preelettorale già surriscaldato, secondo i rumors non verranno ascoltati, né l’accusata né l’accusatore.
Tanto rumore per nulla. E alla fine? Con ogni probabilità si arriverà al termine dei lavori con tre relazioni, una di maggioranza e due di opposizione. Di male in peggio: nella passate commissioni d’inchiesta si finiva con due al massimo. Oggi arriviamo a tre.
Tanto per fottere sempre meglio – tra le nebbie – i soliti risparmiatori. Cornuti, mazziati e calpestati.
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