“Giustizia e memoria – Trent’anni di verità negate”. E’ il tema dell’incontro-dibattito che si è svolto al Gambrinus di Napoli, organizzato dalla Camera Europea di Giustizia, dall’associazione Voce delle Voci onlus e dalla piattaforma di crowdfunding Meridonare.
. L’occasione per riportare alla ribalta i tanti buchi neri della nostra storia, le troppe vicende che non hanno mai potuto trovare una verità giudiziaria e che rischiano di essere letteralmente dimenticate, sia dalla memoria collettiva che dai mezzi d’informazione.
Come ha sempre ricordato Oliviero Beha, il grande giornalista scomparso pochi mesi fa, “un Paese che perde la memoria non è più un Paese”. E l’Italia rischia di avviarsi su questa china.
In controtendenza “Giustizia e memoria”, il progetto che intende rilanciare il giornalismo d’inchiesta, dar vita ad una banca dati sempre più aggiornata sui misteri di Stato, fornire un supporto alle tante associazioni di familiari delle vittime che da anni attendono giustizia, creando una sorta di rete di collegamento.
Per portare avanti il progetto è stata avviata un mese fa un’azione di crowdfunding promosso attraverso la piattaforma Meridonare, in vita da appena due anni ma già all’attivo la promozione di circa 150 progetti di carattere sociale, civile e culturale.
“La giustizia è letteralmente al collasso. Siamo sull’orlo del baratro. I cittadini sono lasciati soli davanti a processi letteralmente kafkiani”, è la diagnosi di un avvocato napoletano di lungo corso, Nicola Cioffi, presidente della Camera Europea di Giustizia, secondo cui il processo civile che a breve decollerà sarà la botta finale per negare ogni forma di tutela per i cittadini. “Sarà una giustizia sommaria, tre righe di motivazioni, un vero Far West”.
Se sul fronte civile siamo messi malissimo, non meglio va su quello penale. Lo sottolinea l’ex magistrato e poi avvocato Manuela Mazzi, per la quale il processo penale in molti, troppi casi è uno strumento inadeguato per salvaguardare i cittadini da tutte le ingiustizie. Fa l’esempio dei processi per le stragi del sangue infetto e si interroga: “ma può mai servire, in questo come in tanti altri casi, la via penale per risarcire le vittime da quanto hanno subito negli anni? Evidentemente no. Rischio di prescrizione a parte”. Un rischio che è ormai diventato un letterale cancro per la nostra giustizia.
Il giudice di Cassazione Bruno Spagnamusso punta i riflettori sulle odierne carenze dei poteri di controllo, informazione e magistratura. E sull’anomalia di troppe sentenze, derivante anche dalla minor preparazione delle nuove leve di toghe rispetto al passato. Poi cita alcuni recenti casi che fanno testo: ad esempio una sentenza sui tassi applicati dalle banche, che le sigle a tutela dei risparmiatori definiscono, in molte situazioni, da vera e propria usura. “Ho letto una motivazione di assoluzione di una banca, in cui il magistrato ha voluto attenersi non alla Costituzione, ma ad una circolare della Banca d’Italia. Come se quelle circolari fossero diventate legge”. Da brividi.
La libertà di stampa ormai compressa ai limiti dell’intollerabile e l’omologazione dei mezzi d’informazione sono i temi al centro dell’intervento del giornalista e scrittore Luciano Scateni. “Il giornalismo d’inchiesta ormai è sempre più penalizzato. Lo dimostra la vicenda della Voce, lo testimonia il caso di Milena Gabanelli, incredibilmente esclusa dal circuito pubblico, una grande risorsa che la Rai non ha più voluto utilizzare”.
Il giudice di Cassazione Antonio Esposito sarà il coordinatore scientifico del progetto “Giustizia e Memoria”. Progetto per il cui lancio ha deciso di sottoscrivere una significativa donazione. “Il sano giornalismo, il giornalismo d’inchiesta – sottolinea Esposito – è uno dei pilastri fondamentali della nostra democrazia. E in una società sempre più cloroformizzata e omologata rappresenta un elemento imprescindibile, come la libertà d’informazione, sempre più penalizzata. E’ questo il senso della mia partecipazione al progetto ‘Giustizia e Memoria’”.
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