E’ la scoperta del secolo. Degna di un novello Cristoforo Colombo. Che stavolta si chiama Andrea Orlando, il ministro della Giustizia nell’esecutivo di Matteo Renzi prima e di Paolo Gentiloni adesso.
Ha inventato, il prode Orlando, il modo di combattere e vincere l’eterna sfida contro il mostro della delinquenza organizzata.
Ecco come titola un’intera paginata il Corriere della Sera del 23 novembre: “Una legge contro la mafia in politica”. Il nuovo Cristoforo ha annunciato il Verbo in un’intervista per illustrare gli obiettivi degli “Stati Generali della lotta alle mafie”, appena aperti a Milano.
Ecco il Vate: “Gli anticorpi non valgono solo per la mafia ma anche per altri fenomeni come la corruzione, strumento attraverso il quale sempre di più la mafia entra nelle istituzioni”. Accipicchia!
Poi la lieta novella: “Credo sia fondamentale una legge che regoli il funzionamento dei partiti politici e delle lobby”. Incredibile non averci pensato prima: basta una leggina, una piccola norma e voilà, la mafia non c’è più, sparita, e i partiti tornano candidi come gigli.
Ma le grandi scoperte dell’Esploratore di via Arenula non finiscono qui.
Perchè il Genio ha capito che “la mafia non è ormai solo nelle regioni di insediamento tradizionale”, ma è salita anche al centro nord. Ri-accipicchia.
Spiega il Maestro: “riconoscere che la mafia agisce utilizzando gli strumenti finanziari, che si introduce nell’economia, nei partiti e nella società anche in realtà diverse, è un utile segnale di consapevolezza. La mafia è diventata una grande multinazionale con rapporti con le criminalità di altri Paesi. Abbiamo bisogno di strumenti anche nuovi per contrastarla”.
Peccato che Paolo Borsellino e Giovanni Falcone lo avessero capito – e molto meglio – trent’anni fa.
“Fabbricare gli anticorpi che proteggano imprese, partiti, istituzioni dalla infezione mafiosa, a cominciare dal Nord”. E’ questa la terapia del ministro a scoppio ritardato.
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