Si chiama diritto allo studio, è uno dei fondamentali della democrazia, ma nel concreto è una palese menzogna. Ce la raccontiamo per non vergognarci di forti discriminanti, di diseguaglianze che contrappongono all’opulenza di tanti la povertà dei più. La dispersione scolastica non è lo spunto per sceneggiatori di film sul disagio sociale. E’ materia da Istat che però non quantifica (ma si sa che è consistente), il numero di genitori costretti a negare la scuola ai figli, che impegnano in lavori umili per “dare una mano” al bilancio familiare. Certo sono casi estremi, ma non esauriscono il tema del diritto negato o comunque altamente oneroso all’istruzione.
Al via di un nuovo anno scolastico si inseguono puntuali le inchieste giornalistiche sul caro scuola. Il sistema introduce con un chiaro eccesso di disinvoltura tecnologica l’uso degli smartphone in classe. A prescindere dall’onere supplementare per l’acquisto e le ricariche, la decisione non prende in considerazione il rischio di conseguenze negative sulla capacità cognitive degli studenti e sulla disabitudine all’impegno nell’affrontare la soluzione di problemi con gli strumenti tradizionali della ricerca
Per chi non ne conoscesse il significato, “comparaggio” lo dicono autorevolmente Devoto e Oli dicono, significa “Impegno di un medico ad agevolare, a scopo di lucro, la diffusione (vendita, ndr) di prodotti farmaceutici”. La definizione, con tutto il rispetto per gli illustri linguisti del dizionario, non include, a torto, l’impegno di molti insegnanti ad agevolare, a scopo di lucro, la diffusione (vendita, ndr) dei libri di testo. Quanto sia diffuso questo segmento del malcostume, non è rilevato statisticamente, ma sta di fatto che tanti insegnanti “gradiscono” che gli studenti si muniscano dell’ultima edizione di una certo libro, praticamente identica alla precedente, ma formalmente aggiornata…anche nel prezzo di copertina.
Scandalo limite è il caso di due fratelli che frequentano la stessa scuola, nella stessa sezione, con gli stessi insegnanti, ma sfalzati di un paio di anni, impediti a utilizzare gli stessi libri, sgraditi agli loro professori perché non aggiornati.
Ma quanto costa un figlio studente. Per i libri trecento euro e altri cinquanta per quaderni, penne e matite, diario, materiali di contorno. Per due figli? Il doppio. E per un figlio universitario? Cifre astronomiche e altri motivi di scandalo da imputare a docenti-autori di testi a prezzi proibitivi che gli studenti esibiscono al momento dell’esame per dimostrare di averli acquistati e ottenere “benevolenza”.
Il post diploma, per chi può permetterselo è l’università: ma quale? Il panorama delle possibilità è ampio, ma anche in questo caso le scelte sono tutt’altro che paritarie. Per l’accesso ad alcune facoltà sono propedeutici i famigerati test e per sperare di superarli si deve partecipare a più li uno, in città diverse, ovviamente a proprie spese. Poi il bivio università statali- private per chi aspira a diventare medico: per costi sono in alcuni casi sono distanti anni luce. Una delle facoltà più prestigiose (ed esclusive) è un campus all’americana al costo di diciottomila euro all’anno, cioè alla portata di pochi.
“Per pochi” è la discriminante di un a società imperfetta, di disuguali, classista. Nell’Italia delle inclusioni la multietnicità è anche presenza di migranti di seconda o terza generazione che aspirano legittimamente a collocazioni sociali alla pari con i giovani italiani: cioè un’utopia, fino a quando le loro condizioni economiche non lo consentiranno.
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