Trump-Kim Jong-un: time out della pace

L’anagrafe, per chi sa ascoltarne le sue ragioni non esplicite, è anche coscienza storica, strumento di analisi del passato per capire il presente e pronosticare il futuro. Cos’altro se non l’età di chi ha vissuto in diretta gli orrori della seconda guerra, la tragedia degli sconfitti, la risalita mai compiuta dal baratro della diseconomia risultante. La nascita della Ue, ha premiato i Paesi dell’alleanza con settant’anni di pace, esclusa l’anomala parentesi bellica nell’ex Jugoslavia. La Ue se n’è attribuito il merito, salvo riconoscere gli inciampi dei Paesi membri della faticosa e incompiuta risalita dal baratro conseguente della diseconomia. Le generazioni piuttosto post belliche hanno rimosso, per responsabilità dell’intera società, morti, distruzioni, lacrime e sangue e forse hanno contribuito la clamorosa ritirata americana dal Vietnam, coda tra le gambe, gli ossari colmi di ossa dei marines sacrificati sull’altare della presunta imbattibilità Usa. Ogni cosa è stata sepolta per nasconderla ai posteri nel comodo oblio della memoria non cosciente. Per molti lustri il mostro della guerra è finito nella nebbia del sapere-non sapere, fino a sbiadire i tratti della sua truculenta virulenza. La nascita dell’Europa, la fine temporanea della guerra fredda, la caduta del muro di Berlino, la sonora batosta rimediata dagli Stati Uniti nel Vietnam, hanno convinto i big americani a desistere temporaneamente dal ruolo di potenti del mondo a cui ogni cosa “è dovuta”. Gli effetti della pace, oltre la parentesi della disputa fratricida che ha dilaniato l’ex Jugoslavia, hanno agevolato parzialmente il ritorno alla normalità. Ma non era lo status condiviso dai signori della guerra e alle porte chiuse dell’Europa, espansionisti per storica vocazione, industrie delle armi, interessi nazionalisti, hanno dirottato i venti di guerra nell’Africa turbolenta e appetibile ma soprattutto nel Medio Oriente. Non è bastato la parentesi Obama e, pur per alcune sue sporadiche ambiguità, ha irritato i guerrafondai che hanno sostenuto la presidenza Usa di Trump per ottenere la contropartita di focolai esplosivi in questi giorni espliciti della sfida a muso duro con il bellicoso Kim Jong-un, intento a “giocare” pericolosamente con il nucleare. Esperti di genere valutano attendibili le reciproche minacce di annientamento, strillate dai contendenti, eppure le giudicano anche insufficienti a placare i loro impeti di guerra. In ogni caso Trump ha già premuto il bottone rosso di allerta delle basi militari in grado di radere al suolo la Corea del Nord e Kim Jong-un ha testato la capacità dei suoi missili nucleari di colpire gli Stati Uniti. Soddisfatti i signori delle armi? Evidentemente no se Trump è costretto ad annunciare interventi militari anche in Venezuela. A dargli man forte, tra gli altri, c’è il popolo americano degli giustizieri della notte che ottengono la conferma, con estensione, del libero acquisto di armi e di un loro uso senza troppi limiti. E’ la stessa gente che marcia con intenti razzisti, impuniti, per affermare il primato dei bianchi su qualunque altra razza umana e che dimentica la sua dimostrata discendenza da uomini con la pelle nera. La preoccupante domanda dell’Europa è se uscirebbe indenne dallo scontro nucleare Kim-Trump.


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