“Benvenuti al Sud” è un film e insieme, anche se virtualmente, una canzone dedicata all’Italia che vive al di sotto della latitudine di centronord. L’ha scritta il regista napoletano Luca Miniero e racconta di un uomo del Nord trasferito in una paese della Campania a dirigere il locale ufficio postale. L’esodo da Milano è vissuto come una tragedia, per il carico di pregiudizi che la cattiva letteratura ha costruito ignobilmente, frutto di ignoranza, stolta presupponenza e quasi certamente di una paranoica forma di invidia. Il film smantella ogni ostilità preconcetta, fino alla dichiarazione d’amore dell’“emigrato” nordista.
Se il Mattino avesse coscienza piena di sé ripercorrerebbe le sue annate per mettere in fila le infinite riflessioni di uomini e donne della Padania, ma non solo, che in fine di un soggiorno napoletano hanno inviato lettere al direttore di ammirata testimonianza per la capitale del Sud, i napoletani, i tesori ambientali di una città ricca come nessun altra di una splendida natura e di tesori inestimabili d’arte.
Non è bastato a zittire le maldicenze della cattiva comunicazione, sistema quasi esclusivamente collocato da Roma in su, fazioso, a prescindere dal segno politico delle testate, antimeridionalista e pregiudizialmente denigratorio. Ancora in questa stagione di evidente favore del turismo per Napoli città d’arte e per i suoi magici dintorni, esistono resistenze dell’informazione a cancellare le insolenze gratuite riservate alla napoletanità.
E allora ecco la proposta di un post su Facebook, firmato da Valeria Genova: trevigiana doc, che per due anni ha seguito a Napoli il marito pilota : “Quando ho saputo che sarei dovuta andare a vivere a Napoli, mi sono sentita male. Eppure dovevo andarci per stare con la mia famiglia. Sono passati due anni, due anni in cui ho vissuto Napoli in tutte le sue sfaccettature e non posso sentirmi più scema per tutti i pregiudizi che avevo su di lei. Posso affermare con assoluta certezza e convinzione che Napoli è casa mia. Perché Napoli è magica, ti rapisce, ti prende il cuore, ti stordisce, ti ipnotizza. Quanto siamo idioti noi del Nord a vivere di pregiudizi, di vita precisa ordinata sempre uguale e monotona, guardando a Napoli come il covo dello schifo, della criminalità e delle nefandezze. Siamo piccoli, molto piccoli. In Napoli mi sono tuffata e adesso, non vorrei più uscirne. Vorrei stare per sempre tra le sue braccia, cullata dalle tante cose che la rendono speciale”.
Commentarlo è difficile per chi ama Napoli da napoletano. Grazie Valeria, naturalmente condividiamo idee e parole del tuo blog, ma permettici di completarlo con qualche motivo di storica insoddisfazione. Vedi, Napoli negli anni ottanta è stata totalmente e impunemente deindustrializzata. Una grande città senza classe operaia è un potenzialità decapitata e parte del degrado che si estremizza nella iattura delle criminalità diffusa ne è in parte la conseguenza. Hai vissuto Napoli intensamente, se interpretiamo correttamente la tua dichiarazione di innamorata. Ti sembra che l’immenso patrimonio artistico e culturale sia tutelato e valorizzato come merita? Non ti sorprende l’assenza di un luogo dove in permanenza sia rappresentata l’unicità del tesoro regalato a Napoli da poeti e musicisti autori delle più belle canzoni del mondo? Ma soprattutto non rannuvola anche il tuo innamoramento la consapevolezza che i napoletani hanno poca o nessuna attenzione per le loro case, strade, chiese e infine non ti sembra follia collettiva che uno dei più sontuosi lungomare del mondo non sia la spiaggia di Napoli come accade in altre città del mondo?
Luciano Scateni, “da innamorato a innamorata”
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