Un grande magistrato della Corte di Cassazione, Giuseppe Corasaniti, a sostegno della mia posizione critica del decreto giugno 2017 mi ha segnalato la sentenza della Corte Costituzionale numero 14 del 22 giugno 1990, relatore lo stesso Corasaniti. Nella sentenza si dichiara la «illegittimità costituzionale della legge 4 febbraio 1966 n. 51 sulla obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica, nella parte in cui non prevede, a carico dello Stato, un’equa indennità per il caso di danno derivante da contagio o da altra apprezzabile malattia causalmente riconducibile alla vaccinazione obbligatoria antipoliemielitica, danno riportato dal bambino vaccinato e da altro soggetto a causa dell’assistenza personale diretta prestata al primo».
Nella sentenza si afferma inoltre che «l’articolo 32 della Costituzione tutela la salute non solo come interesse della collettività, ma anche e soprattutto come diritto primario ed assoluto del singolo (Corte Cost. n. 88/1979), tutela che si realizza nella direzione di apprestare misure di prevenzione e di assicurare cure gratuite agli indigenti (Corte Costituzionale n 202 /1981). Laddove manchino provvidenze del genere, né sia dato ricorrere a forme risarcitorie alternative, la garanzia costituzionale di tutela della integrità fisica della persona risulta vanificata. Al riguardo nessuna previsione in tal senso è contenuta nella legge n 51 del 1966».
La pregevole sentenza redatta dal dottor Corasaniti afferma poi che «un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per le sole conseguenze che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili». Ciò implica «il riconoscimento, per il caso che il rischio si avveri, di una protezione ulteriore a favore del soggetto passivo del trattamento. In particolare finirebbe con l’essere sacrificato il contenuto minimale proprio del diritto alla salute, se non gli fosse comunque assicurato, a carico dello Stato che dispone il trattamento obbligatorio, il rimedio di un equo ristoro del danno patito». «Se così è, la imposizione legislativa dell’obbligo del trattamento sanitario obbligatorio va dichiarata costituzionalmente illegittima in quanto non prevede una indennità come quella suindicata».
Ma poi, come si fa a dire nel decreto legge che non vi saranno maggiori oneri a carico della finanza pubblica se le vaccinazioni passeranno da quattro a 10? Il servizio Bilancio del Senato rileva che «la norma di copertura finanziaria tace, e non può farlo».
Non solo. La sentenza afferma che «il rimedio risarcitorio trova applicazione tutte le volte che le concrete forme di attuazione della legge impositiva di un trattamento sanitario, o di esecuzione del detto trattamento, non siano accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalità che lo stato della conoscenze scientifiche e l’arte prescrivono in relazione alla sua natura. E fra queste va ricompresa la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione o di contagio, nonché delle particolari precauzioni che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche , siano verificabili ed adottabili». Principio che è stato ripetutamente ribadito dalla Corte Costituzionale. Informazioni ai cittadini che sono del tutto mancate nel presente decreto legge, illegittimo.
Meno che mai la imposizione di trattamento sanitario obbligatorio può avvenire con il ricorso alla decretazione di urgenza, che toglie spazio alla discussione e voce alla opposizione, organo della sovranità popolare come la maggioranza: la Corte di è espressa in tal senso nel 2012 con la sentenza n. 22, che sul punto è tassativa. Ed invece in questo caso è mancata sia l’informazione che la procedura normale prevista dall’articolo 72 della Costituzione e si è fatto ricorso al decreto legge. Una grave duplice violazione della Costituzione da parte di un governo espressione di un Parlamento illegittimo che non poteva fare questa riforma.
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