Corrotti? “E nun ce vonno stà”

Codice antimafia e una domanda semplice, “perché sì, perché no”. Risposta facile, non come la traccia del tema ai maturandi sulla bella poesia di Caproni, ma ostica per qualche concessione dell’autore alla cripticità di parole sconosciute. Analisi ardua su testo-aurore, essendo Caproni uno dei più grandi poeti del 900, ma ignorato dai programmi dei liceali. Risposta agevole, come il latino di Seneca, secondo pronostico. La domanda: perché provoca tanto astio il codice antimafia proposto dal governo? L’italiano esemplarmente onesto, incorrotto e non corruttore. cosa ha da temere se la legge approvata dalla Camera e all’esame del Senato estende il sequestro dei beni ai corrotti, oltre che ai mafiosi? Chiamiamolo sospetto, ma impropriamente, perché è analisi inoppugnabile: chi insorge contro – leggi l’avvocato di Berlusconi e compagni, non fosse esente da contiguità “professionale” con i corrotti, dovrebbe legittimare l’appartenenza al partito della legalità e votare a favore del codice. In parallelo dovrebbe adoperarsi per perfezionare il nostro ordinamento giudiziario in tema di tortura e soddisfare gli standard europei, scongiurare la vergogna di un terzo provvedimento di infrazione all’Italia . Il sequestro dei beni di corrotti, tangentisti, truffatori, che hanno fatto man bassa di appalti con mezzi illeciti e si sono così arricchiti, indigna tale Giacomo Caliendo, ex magistrato saltato sul carro di Forza Italia: “E’ una follia, un castello in aria (???), il testo è una schifezza…” E Ghedini? E’ più dottor sottile. Contesta il codice per incostituzionalità, mare magnum di chi argomenti di merito non ne ha. Dovrebbero essere chiare e condivise le analogie del codice antimafia con quanto è concesso alla magistratura in tema di confisca ai clan criminali, forse il più incisivo deterrente a sua disposizione. Il provvedimento, esteso a politici, imprenditori e uomini delle istituzioni presi con le mani nel sacco, è strategia repressiva del fenomeno e restituire il maltolto per tutti loro è quasi peggio che finire in galera.

Il pensiero corre rapido all’ “amatissimo” presidente degli Stati Uniti (sembra che non vada granché bene neppure il sodalizio nuziale con la moglie): non lo auguriamo neppure a lui, al suo irresponsabile exit dagli accordi sull’ambiente di Parigi, anzi speriamo che non debba affrontare lo spaventoso problema dell’acqua sottratta a molte aree del mondo, in particolare dell’Italia, dalla siccità provocata dallo sconvolgimento climatico della Terra. In tema di emergenza acqua: l’isola di Malta, visitata alcuni anni fa, era priva di acquedotto, non per questo arida. Ha risolto il problema con un grande, efficiente impianto di desalinizzazione. Sarebbe possibile sperimentarne l’utilità anche in Italia, a partire dagli impianti di irrigazione dei campi, dal fabbisogno delle industrie, dall’uso domestico parziale?  La risposta spetta alla tecnologia, volano del possibile per prevenire il peggio annunciato da questa torrida, anomala estate.


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