L’Italia è paese dei miti. Mette su piedistalli dorati personaggi d’ogni genere ed è un chiaro segnale di vocazione alla subordinazione genetica ai detentori dei poteri forti, all’opulenza massima comunque acquisita, al despota di turno dal pugno di ferro. In altri ambiti, la sudditanza con genesi da complesso di inferiorità si estrinseca nell’ammirazione senza limiti per divi del cinema, campioni dello sport, big manager e perfino per chi si arricchisce perché corrotto, mafiosi di ogni latitudine. Speciale idolatria è riservata agli uomini che hanno guidato i Paesi leader del mondo. L’elenco di questi ex potenti della terra include grandi del passato e contemporanei. Su tutti Lincoln, Kennedy, Mao e Stalin, Churchill, De Gaulle, Castro, Tito, Gheddafi, Kissingher, i papi, di recente Blair e da ultimo Barak Obama. Di lui il mondo si è chiesto “cosa farà, da disoccupato, l’affascinante ex inquilino della Casa Bianca?” La risposta non è tardata. Il primo presidente americano di colore fa politica per il partito democratico e non gratis, ma soprattutto assume il ruolo di colto conversatore e mette a frutto l’esperienza maturata alla guida degli Stati Uniti. Atterrato a Milano, Obama ha goduto il piacere di un tuffo nella folla plaudente della città, ma ha incontrato il ghota dei vip italiani ai vertici di imprese, banche, big del mondo industriale. Neppure un sindacalista, un metalmeccanico in cassa integrazione, un immigrato. Nel menu del tour italiano ha inserito una dotta conversazione erga omnes, o meglio per i riccastri che si sono potuti concedere di partecipare all’incontro con la “modica” somma di 850 euro, per il ticket d’ingresso. Non c’è dubbio, avrà incantato la platea dall’alto della sua riconosciuta competenza e piacevole affabulazione. Rimane qualche dubbio sull’equivalenza tra parlar forbito e onere dell’ascolto, ma passi, Obama ha segnato una svolta storica in questo inizio del terzo millennio. E’ un mito. Altro è l’esaltazione da camicia di forza che induce a follie gli adoratori del dio pallone. Si terrà nel Galles, a Cardiff, la partita tra Juventus e Real Madri che darà la laurea di campione d’Europa alla vincitrice. Italiani e spagnoli, in nome dell’isteria da calcio aspirano a dire “io c’ero”. Ma come? Sottoponendosi a un pazzesco dissanguamento monetario. Esempio: per un mini appartamento, costo abituale 89 euro, ci vogliono quattromilacentocinquantaquattro euro e una tenda anche per più persone vale la “bellezza” di duemilacentotrentaquattro euro. Intervistati, bei tipi di fede juventina, soggiogati dal mito Higuain-Dybala, non mancheranno l’evento, a costo di impoverirsi. I pochi biglietti ancora in circolazione hanno toccato la strabiliante quotazione di mille e ottocento euro, destinata a impennarsi con l’approssimarsi dell’evento e non c’è rischio di moralismo nell’esecrazione di questo allucinante esempio di folle mitologia dell’era moderna.
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