Al “comico” genovese, sceso in campo con ambizioni da guastatore del sistema democratico italiano, basta starnutire e soffiarsi il naso per effetto della parietale che in primavera, per chi la soffre, procura fastidi da allergia: un nugolo di cronisti radiotelevisivi d’assalto e colleghi della carta stampata lo circondano con aneliti da scoop, microfoni e notes pronti a cogliere le sue hegeliane dissertazioni sul “Pronti, via, andiamo a governare l’Italia”. Identico trattamento è concesso a chiunque professi la fede pentastellata, cioè ai furbetti di un clan della politica che profittano del caos dei partiti storici per sparare balle sul reddito di cittadinanza (dove sarebbero le risorse necessarie?) e il “Com’è bello l’anti euro, marcondirodirondello”. Non c’è un dato elaborato dagli istituiti di statistica sulla presenza di Cinquestellati in televisione. Peccato, ci sorprenderebbe con il minutaggio che i media concedono ai fichetti del direttorio (esiste ancora?) Di Maio e Di Battista, alla gazzarra degli onorevoli (a proposito non chiedevano di essere chiamati semplicemente cittadini?) che offende il Parlamento con urla, insulti e cartelli offensivi.
Allora, di che si lamentano personaggi esportati dalla comicità e dal nulla, liberi di sparlare, inveire, ricorrere a frasi da trivio, che da cittadini non protetti finirebbero in tribunale? Le ragioni per posizionare il Movimento 5Stelle a destra dell’emiciclo di Montecitorio e Palazzo Madama, sono oramai innumerevoli. Dalla follia secessionista in combutta con Salvini, a forme di xenofobia che affiorano un giorno sì e l’altro pure, i pentastellati si pongono in competizione con le tirannie del mondo, che si manifestino nel bavaglio alla libera informazione operato da Erdogan con migliaia di arresti di giornalisti e intellettuali, con la tracotanza di Trump, repressiva della stampa americana non di regime, con la violenta intolleranza alla critica di giganti mondiali, Cina, Russia, Corea del Nord, Paesi africani e asiatici. Dichiara Reporter senza frontiere che la libertà di stampa non è mai stata così minacciata come nell’era della post verità e cita proprio i casi di Erdogan, Trump e del “comico” genovese pentastellato, che come il peggiore dei delatori con ricatto rivela i nomi dei giornalisti “sgraditi”. L’arma del discredito si sostituisce alla dialettica democratica e la vigliaccheria diventa sopruso con la prassi delle querele, a prescindere dalla loro legittimità. Il sistema è semplice: per i grandi network, che accumulano nel salvadanaio aziendale risorse per affrontare le spese legali, la querela spinge comunque all’ autocensura del giornalismo d’inchiesta, ma per le piccole e coraggiose testate che fanno il loro mestiere e indagano. la querela diventa un colpo mortale. Anche se penalmente sono assolti, l’onere della difesa è insostenibile e spesso mette a tacere una voce libera. Se ne faccia una ragione 5Stelle. Definire la stampa italiana “serva, corrotta e appiattita sulla visibilità di chi governa”, alza il livello di violenza contro i giornali che criticano il Movimento come la richiesta assurda di affidare a una giuria popolare l’attendibilità delle notizie pubblicate. Non si chiama censura? Il “comico” dimentica quanto gli è scomodo in questa triste dimensione. Per fare un esempio: il suo cocco Di Maio, in piazza San Giovanni, luogo di una manifestazione pubblica impedì ai giornalisti di sostare sotto il palco per rivolgergli domande. Anche peggiore è il silenzio di Di Battista (come riferisce la Repubblica), imperterrito e silente mentre la platea urlava ai giornalisti “Bastardi, li ammazziamo”. Come concludere? Senti da che pulpito viene la predica…
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