Le alchimie contabili del Governo, che smentisce a singhiozzo l’aumento dell’Iva, mentre la commissione parlamentare di bilancio aveva sottolineato che: “appare di difficile realizzazione l’impegno a una disattivazione totale delle clausole di salvaguardia” visto che “tutto il quadro sconta un’incertezza di base sulla dimensione stessa dell’aggiustamento che sarà necessario, con un sostanziale rinvio alla possibilità che a livello europeo intervengano ‘cambiamenti nel braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita in senso più orientato alla crescita e allo sviluppo’, tali da ridurre le correzioni fiscali richieste all’Italia per i prossimi anni”, non hanno scongiurato l’applicazione delle clausole di salvaguardia.
Sull’ipotesi della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia di Iva e accise previste nel triennio 2018-2020, con il possibile aumento ‘dimezzato’ come nei saldi di fine stagione, dell’aliquota al 10% e rimodulata quella del 22 per cento, con un rincaro nel 2018 dell’1,5% invece del 3% dell’Iva su beni di largo consumo, spalmando l’altra metà dei rincari nel 2019 (+0,5%) e nel 2020 (+1%), mentre per l’aliquota ordinaria del 22% il prelievo crescerebbe di tre punti come previsto dalle norme attuali, per poi aumentare solo dello 0,4% e non più dello 0,9% l’anno successivo, arriva l’ennesima doccia fredda di Eurostat, che ha registrato il deficit della spesa pubblica del 2,4% nel 2016, con un rialzo dello 0,1 rispetto al 2,3% indicato dalle previsioni economiche di febbraio della Commissione europea.
Anche con questi ‘saldi Iva di fine legislatura’, ci saranno stangate tra ricadute dirette ed indirette, pari a 421 euro annui a famiglia, con gli aumenti dell’Iva e delle accise, un’arma a doppio taglio, che potrebbero fallire l’obiettivo delle entrate previste, già registrate in passato, con la contrazione dei consumi che riuscirono ad annullare o ridimensionato gli effetti stimati.
In dettaglio per le ricadute dirette dell’aumento dell’Iva, è stimabile per il segmento dal 10 all’11,5 % per una famiglia media un rincaro di 144 euro; mentre per l’aumento dal 22 fino al 25 % nel 2018, rincarato di un ulteriore 0,4% nel 2019 attestandosi al 25,4%, il totale potrebbe essere di 465,68 euro, ossia 609 euro.
Invece di diminuire la pressione fiscale, facendo pagare le tasse ai grandi elusori fiscali, condoni, perdoni e rottamazioni, incentivano l’evasione, con ‘pizzo’ del 25,4% (oltre un quarto),del l’Iva su alcuni beni, che registreranno una contrazione.
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