Il CSM ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti del PM Michele Emiliano, presidente della regione Puglia, dirigente del PD e candidato alla segreteria del partito. Essendo un “magistrato fuori ruolo che ha sospeso temporaneamente il suo lavoro” ha violato il Dlgs n° 109 del 23 febbraio 2006, emanato ai sensi dell’art. 98 della Costituzione. L’art.1 così precisa i “Doveri del magistrato”: «1- Il magistrato esercita le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio e rispetta la dignità della persona nell’esercizio delle funzioni; 2- Il magistrato, anche fuori dall’esercizio delle proprie funzioni, non deve tenere comportamenti che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione giudiziaria; 3- Le violazioni dei doveri di cui ai commi 1 e 2 costituiscono illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste agli articoli 2, 3 e 4.».
E il prossimo 6 aprile dovrebbe essere emanata la sentenza. Auspicabilmente di condanna per punire in modo esemplare un comportamento arrogante che il dottor Emiliano si ostina a ritenere legittimo.
Ha dichiarato: «La procura generale della Cassazione mi muove censure con riferimento al mio rapporto di lavoro di magistrato ritenendo, per la prima volta nella storia repubblicana, che l’attività politica sia preclusa anche ai magistrati in aspettativa per ragioni politiche (…). E’ legittimo che la procura generale cambi orientamento dopo 11 anni di mia attività politica ma questo non corrisponde a un accertamento della violazione, che spetta solo al Csm dopo un regolare procedimento in contraddittorio delle parti. (…) Se il Csm riterrà che effettivamente sussista una violazione disciplinare non esiterò a prendere le decisioni necessarie, optando a quel tempo tra le dimissioni dalla magistratura ovvero le dimissioni dal partito, a seconda di ciò che riterrò più opportuno alla luce dell’eventuale verdetto».
E’ evidente che il dottor Emiliano fa parte di quella schiera numerosissima di magistrati che, dopo avere svolto politica attiva e avere militato in un partito politico, si ritengono in diritto di rientrare in magistratura. Come se avessero riacquistato “ imparzialità, indipendenza, riserbo ed equilibrio” che il cittadino esige dai magistrati.
Sulla vexata questio così si è espresso l’ex presidente dell’ANM Rodolfo Sabelli: «L’eventuale offerta del ruolo ministeriale a un magistrato in servizio – chiunque egli fosse – piuttosto che un riconoscimento verso l’ordine giudiziario, la considero – al di là delle buone intenzioni che possono animarla anche quale messaggio e quale simbolo – un’oggettiva insidia. Non sono affatto in discussione le qualità e i meriti del collega che i boatos dei giorni di vigilia indicavano per la poltrona di via Arenula né la sua capacità di svolgere degnamente la funzione di ministro né il lustro che avrebbero saputo darvi. Trovo inopportuno e perciò da evitare il passaggio dalla giurisdizione alla politica e viceversa».
Ma si è ben guardato dal chiedere una legge per impedire il “viceversa”.
E non ha detto una parola sullo stupefacente comportamento del magistrato Michele Emiliano.
nella foto Michele Emiliano
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.