“I valori espressi dai NoTav non sono avvertiti come tali dalla maggioranza della collettività”. Lo scrive la corte d’appello di Torino nel motivare la condanna di 38 imputati per le manifestazioni durante le proteste contro le opere dell’alta velocità rigettando la richiesta di concedere le attenuanti per aver agito per motivi di particolare valore morale e sociale.
Per i giudici “non è corretto ritenere che l’opinione di chi è disposto a manifestare con ogni mezzo anche violento debba prevalere rispetto all’opinione della maggioranza silenziosa”.
Le parole dimostrano ancora una volta che i magistrati fanno politica con le sentenze e con il deposito delle motivazioni, arrogandosi il diritto di misurare e quantificare il consenso. Parliamo di quella magistratura torinese che ha chiuso un occhio e l’altro pure sugli appalti dell’alta velocità evidentemente gli unici onesti e trasparenti. Infatti avevano scelto di concentrarsi esclusivamente su un compressore bruciacchiato contestando l’accusa di terrorismo già annullata in diverse occasioni dalla Cassazione. Ma la procura generale non demorde e ha presentato l’ennesimo ricorso che davanti alla Suprema Corte sarà discusso il prossimo 28 marzo.
Una dedizione e un accanimento degno davvero di miglior causa che emula il comportamento dei colleghi della procura di Milano che hanno impugnato le assoluzioni dei militanti NoExpo dall’accusa di devastazione e saccheggio. A Torino e Milano i magistrati tutelano il sistema paese, il partito degli affari, facendo politica in prima persona. E non si vedono né si sentono in giro garantisti pronti a indignarsi, perché a lor signori la giustizia di classe non va bene ma benissimo.
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