Trump-May, uniti anche nell’autarchia

Di autarchia e revancismo, di esasperata autoreferenzialità, fu disastroso campione il Mussolini dei “proibito”: vietò l’uso di parole non comprese nel dizionario italiano, come hotel, summit, optional e altre decine entrate nel bagaglio linguistico di mezzo mondo, abolì dalla tavola dei connazionali vini francesi e frutta esotica d’importazione, ficcò il Paese nella tragedia della guerra con la presunzione di guardare al mondo con megalomane supponenza. Sulla strada del dittatore italico sembra procedere lo sterminatore della democrazia americana, alias Donald Trump. Intende sanzionare con tassazioni vessatorie le industrie americane decentrate in mezzo mondo, costringerle a richiudersi nei confini del Paese. L’esito dell’anacronistico nazionalismo è chiaro a tutti, non al tycoon. Le imprese del rientro coatto affronteranno costi di produzione molto più alti e scaricheranno il mancato profitto sui consumatori. Sarà un bel vedere. Amici, quasi fratelli, Trump e la britannica May parlano l’identico linguaggio dell’autarchia e rischiano in egual misura di subire il contraccolpo popolare della contestazione per gli inevitabili aumenti del costo della vita. La lady di Downing Street sembra intenzionata ad abbreviare i tempi dell’esodo dalla comunità europea e il megafono di giornali “amici” avalla le restrizioni della brexit. Come primo segnale di chiusura del diritto fondamentale della comunità europea alla libera circolazione di uomini e cose, annuncia che già a fine marzo i cittadini dell’Unione perderebbero il pass per entrare e soprattutto per restare in Gran Bretagna, che dovranno chiedere un visto di lavoro e sarà limitato il loro godimento di benefit. Insomma, autarchia anche per l’ex impero, dopo il tempo del colonialismo e dello sfruttamento di luoghi del mondo sottomessi. In opposizione al separatismo dei conservatori, la Scozia della prima ministra Nicola Sturgeon potrebbe ricorrere a un nuovo referendum popolare e confermare la volontà di restare nel mercato unico europeo. Dalle nostra parti, un’idea che definire geniale è poco, si deve alla creatività senile di Berlusconi. Perché non una doppia moneta e cioè mantenere l’euro per il mercato dell’import-export e coniarne un’altra “interna”, all’italiana? Voci di dentro dicono che Draghi si è chiesto se c’è un premio Nobel per invenzioni creative come questa dell’ex cavaliere, per appuntargli sul petto la coccarda del vincitore. (Nella foto Trump e la May)

 

Più nucleare, come se non bastasse quello negli arsenali

E’ noto urbi et orbi che il potenziale distruttivo negli arsenali militari di Stati Uniti e Russia è mille volte superiore a quello che spazzerebbe via il mostro pianeta in caso di utilizzo unilaterale o reciproco. E allora, quale isteria esibizionistica dà voce allo spaccone della Casa Bianca, all’intenzione di moltiplicare l’armamento atomico degli Stati Uniti? I più pensano che Trump debba onorare il debito contratto con i produttori di armi nucleari che hanno finanziato e sostenuto la sua campagna elettorale. Putin rilancia e risponde che non assisterà passivamente al riarmo atomico degli Usa. Il guaio, per quanto ci riguarda è che nei confronti della minaccia siamo sballottolati come asini in mezzo ai suoni.


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