Formuliamo, tanto per ingannare il tempo, che un uomo, una donna, un ragazzo, una ragazza, credano nell’ibernazione e si crogiolino nell’idea di rinascere tra cento o più anni. Supponiamo siano scettici ad oltranza, indifferenti a quanto sostiene la scienza: che la Terra alla fine del secolo sarà in gran parte sommersa dai mari, ingrossati a dismisura dallo scioglimento degli e Paesi dal clima mite come l’Italia somiglieranno al Sahara. Hanno ragione? Il dubbio è lecito. Meteoscettico è molto probabilmente il professor James Bedford, psicologo americano che cinquant’anni fa ha chiesto e ottenuto di farsi surgelare, o come dicono gli esperti di settore, “criopreservato” dopo la morte, avvenuta per cancro. Il prof è custodito nell’iper specializzato bunker refrigeratore di Scottsdale, Arizona, nella sede della Alcor Life Extension Foundation, alla temperatura di meno 106 gradi. Inizialmente hanno gestito il surgelamento i familiari con immissioni di azoto liquido nella capsula custodita in un magazzino di proprietà. Chi è subentrato nella custodia del professore, cioè la fondazione A.L.E.F., sostiene (e chi può smentirla senza vedere il corpo) che l’ibernato è una persona viva e ovviamente l’uomo più vecchio del mondo. Come i rifiuti antiatomici, gli impianti di criogenia sono spuntati qua e là come funghi, specialmente in Russia e negli Stati Uniti.
La tecnica di conservazione dei corpi è comunque materia per film dell’horror. Il sangue eliminato viene sostituito con sostanze chimiche per evitare che il ghiaccio danneggi le cellule umane. Sul tema dissertano ottimisti e pessimisti. Tra i primi c’è sicuramente Vitto Claut, avvocato della Valtellina, single, 57 anni. Gli piace l’idea di tornare nel mondo per restarci altri tre secoli. Primo italiano, ha messo la firma in calce al contratto con l’Associazione di Scottsdale, dopo un sopralluogo in Arizona che nella circostanza provvedeva a ibernare una sessantina di morti. Gli criopreservatori per convincerlo gli hanno mostrato l’elenco di predecessori “illustri”, senatori, industriali, assi dello sport. L’ok di accettazione è subordinato ad alcuni commi del contratto. Non si accettano malati di Aids o malati di tumore in fase terminale e quest’ultima clausola si spiega agevolmente perché non potrebbero pagare a lungo la rata annuale di 3.600 dollari, fino a un totale di 175mila dollari. Se poi il “cliente” volesse ibernare solo la testa, intervento definito di neurosospensione, l’offerta prevede che si sborsino “solo” 80mila dollari e il pronostico si avventura nell’ipotesi di una chirurgia avveniristica capace di innestare la testa conservata su un corpo, non è detto su quale. Torniamo al rebus iniziale sulla credibilità della criopreservazione che la scienza, al tempo in corso, non osa validare ma per generosità verso chi, speranzoso, investe somme da capogiro, diciamo che il loro sia un investimento vincente: il punto critico della questione è che come altri mille privilegi, il costo dell’ibernazione è alla portata di pochi, anzi di pochissimi e il caso smentisce il capolavoro del principe De Curtis sulla parità post mortem di ricchi e poveri, Rinascesse, magari perché a suo tempo surgelato, dovrebbe riscrivere “’A livella”.
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