“Addò se trova mo chillommo ’e penna ca scrivere sapesse, chiaro e ttunno,, c’’a pizza nosta, comme ’a meglia nenna , è a cosa cchiù priggiata ’e tutt’’o munno”. Firmato Giovanni Panza e tradotto “Dove si trova uno scrittore che sappia comparare l’immagine della pizza napoletana con la più bella delle fanciulle”. Oppure la canzone di Astrominico e Salluzzi: Si mo fosse nu scultore a ’sta pizza io, parola mia d’onore, lle facesse ’o monumento…Chesta pizza è assaje strafina: furastiero sient’a mme, si te magne sta reggina (la famosa Margherita) , tu te siente cchiù d’ ’o rre. Non serve tradurre. Serve capire perché la pizza sia un mito mondiale. Prima di tutto ha di pregiato il sapore. Nelle decine di varianti che hanno ampliato il ventaglio delle offerte che ha come caposaldo la celeberrima Margherita, questo piatto corposo risolve da solo il rito di pranzo o cena e non è poco se la caratteristica si analizza per il suo ruolo sociale. Un esempio: quando la povertà era piaga a larghissima diffusione, una pizzeria napoletana concesse, per pochissimi soldi, uno speciale abbonamento per fornire ogni giorno a una famiglia indigente i “cornicioni” lasciati nel piatto dai clienti. Specialmente nei vicoli su cui si affacciavano i “bassi” si poteva comprare la pizza “a otto”, da pagare dopo una settimana con l’aggiunta di un qualche soldo d’interesse. I tempi sono cambiati ma non così tanto dal punto di vista della povertà e Napoli non ne è esente. Allora, il caffè pagato per chi non può permetterselo ha dato lo spunto per la pizza pagata da generosi avventori e servita al primo povero che chiede se c’è. Ancora: nel quartiere napoletano del Vomero, certamente tra i meno disagiati socialmente, vivono comunque i senza dimora. Dieci pizzaioli del quartiere hanno offerto loro pizze e bibite (duecentocinquanta). Sono gli stessi del progetto One Pizza in favore dell’ospedale pediatrico Santobono. L’iniziativa prevede di estendere l’intervento per i bisognosi ad altri quartieri in questa fase meteorologica di gravi disagi per il freddo. Si aggiunge un altro significativo tassello all’obiettivo di favorire in tutto il mondo la raccolta di due milioni di firme necessarie perché sia riconosciuta dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Che sia un mito, per i cinque continenti del pianeta, è testimoniato dalla presenza in crescendo di pizzerie in ogni città e paese della Terra e nella corsa di multinazionali dell’alimentazione a invadere il mercato con il prodotto congelato. Capitolo inedito del rito, che mette d’accordo ogni sorta di cucina, è il possibile ritorno alle origini, quando la pizza andava innaffiata con il vino. Congiunture casuali hanno imposto l’abbinamento con la birra e per i più giovani con la Coca Cola. Due errori clamorosi denunciano i nutrizionisti. La birra, associata alla pizza gonfia lo stomaco, la Coca Cola è meglio evitarla, se si conoscono i danni che provoca. Meglio il vino, magari un buon rosato e a Napoli c’è già chi lo consiglia con convinzione.
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