Zagrebelsky graziato da Repubblica

Che Renzi sia criticabile è nella prassi consolidata della democrazia interna al nostro Paese e i motivi per contestarlo non mancano, ma che sia nel mirino di Repubblica è noto per lo più ai suoi abituali lettori. Probabilmente il premier non è gradito al fondatore Scalfari, sicuramente al vicedirettore Massimo Giannini che si è armato del talk show “Ballarò” per una campagna personale di ostilità che nemmeno il Foglio, Libero e il Fatto Quotidiano sarebbero stati in grado di imbastire. Pazienza, ogni testata ha il diritto di scegliere la linea editoriale, il giudizio politico su uomini e partiti, ma c’è un limite invalicabile alla libertà di giudizio ed è il rispetto per la verità. La Repubblica del giorno dopo il confronto che si è assicurato La7, mettendo uno di fronte all’altro Renzi e Zagrebelsky, sembra aver fantasticato senza aver visto e ascoltato i due competitori. E’ verosimile che ne abbia seguito solo una parte, dal momento che la trasmissione si è conclusa molto tardi e il giornale deve chiudere in tempo per stampare e far giungere le copie in tutta Italia. Ne è venuta fuori un’equidistanza del giornale molto sospetta, un giudizio di parità che in modo macroscopico cozza contro l’esito del match televisivo e non analizza i punti caldi del dibattito. Obiettività avrebbe richiesto un verdetto di larga vittoria ai punti di Renzi e non è maligna l’idea che per il giornale diretto da Calabresi se così non è stato, si deve alla partigianeria in favore del costituzionalista, storico collaboratore di Repubblica. In altre parole una benevolenza da parentopoli giornalistica. Senza entrare in dettaglio è apparso evidente, anche a chi di questi argomenti ha solo un vago sentore, la solidità del premier nell’argomentare il “sì” al referendum per le riforma costituzionale, la conoscenza tecnico-politica dell’importante svolta istituzionale. Sul fronte opposto, un paio di clamorose cadute in contraddizione e alibi balbettati (non mi ricordo, si può cambiare idea, siamo vecchi), linguaggio criptato, divagazioni distraenti, arzigogoli, incertezze e soprattutto mira completamente sbagliata quando ha provato ad attaccare Renzi e il suo governo per uscire con una tangente impropria dal tema della riforma. Il tentativo di unificare referendum e legge elettorale ( due cose distinte e separate) ha poi finito per rivelare l’errore del comitato nel designarlo a capofila del “No”. Quasi certamente non sarà il duello televisivo a decidere le sorti del referendum ma sull’esito della sfida non c’è dubbio. C’è da augurarsi che di qui al 4 dicembre le ragioni del sì e del no si confrontino con la chiarezza e la completezza che merita un appuntamento decisivo per l’Italia, magari con un promoter del no all’altezza, anche dialettica, del compito.

 

Nella foto Renzi e Zagrebelsky con Enrico Mentana

 

La pesca per nulla miracolosa della Raggi

Tanto tuonò che piovve, ma pioggia acida dal cielo di Grillo. La pochezza intrinseca al Movimento 5Stellea è come il fondo di una voragine che dove si arresta è il nulla: detriti, qualche esemplare di vita elementare sopravvissuta all’evoluzione delle specie, buio e silenzio assordante. Virginia, la Raggi sempresorridente (???), dopo aver bussato a tante porte e aver ricevuto altrettanti “grazie, preferisco di no” rischia di cadere nel baratro. Per uscire dal tunnel dell’incapacità a risolvere il rebus dell’esecutivo monco ha dovuto pescare nei suoi limitati dintorni. Come fosse il frutto di un’ineccepibile illuminazione ha eseguito l’esercizio di maghi e maghetti del colombo che spunta dal cappello a cilindro e annunciato la fine del tormentone “AAA assessori cercasi”. Un’occhiata di raggio breve e ha inventato il titolare del bilancio. E’ Andrea Mazzillo, capo del suo staff (a 90mila euro), anche lui probabilmente sponsorizzato dallo studio Sammarco (Previti) . Dove sia finito il precedente annuncio di puntare su personalità eccelse è inutile indagare, ma è lecito riportare l’inca…tura dei big del Movimento per i trascorsi dem di Mazzillo. Che sia una trappola della Raggi per ammorbidire il Pd? Non meno discutibile è l’incarico alle Partecipate per Massimo Colomban che si definisce indipendentista veneto (tradotto equivale a leghista). Colomban si è candidato senza successo con Alleanza di Centro (Pionati) in sostegno al leghista Zanda e confessa candidamente di non sapere nulla di Roma e dei suoi problemi. Su tutto incombe il caso della Muraro, pluri indagata che la sindaca assolve così: “Aspettiamo di vedere le carte”. Ma i grillini sono ancora quelli che ipotizzando comportamenti criticabili dei pentastellati sanzionavano l’immediata espulsione? E i romani si chiedono, usque tandem Raggi in Campidoglio?


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