C’è un settore che tira, stratira nella nostra disastrata economia. L’extralusso, la produzione di borse di coccodrillo da 20 mila euro adatte per la spesa nei mercatini rionali, oppure di valigie in pelle giapponese da 35 mila ottime per un Frecciarossa quotidiano, o di tavoli realizzati con fibre di carbonio da 45 mila per la colazione di tutti i giorni sul terrazzo. Le idee regalo arrivano da una imperdibile chicca finale mandata a mezzanotte da un serioso Giannini su Ballarò, per l’evidente gioia del Landini firmato Fiom. Le telecamere, discrete, sono entrate nei salotti e laboratori di un’impresa del varesotto specializzata in questi articoletti pret a porter o da shopping casareccio, per ingolosire, di certo, gli appetiti di cassintegrati, senzalavoro, cococo, pensionati e mortidifame che popolano le nostre città: e tutti ansiosi di utili consigli per gli acquisti (e caso mai del parere dell’economista di turno, nel caso la Pd Lia Quartapelle).
Per valutare meglio, potete sbirciare sul sito della Bertoni 1949, la antica linea extralusso nota in tutto il mondo come “Valigeria Bertoni”, oggi portata avanti dai rampolli Gaia e Pietro, con mamma Doriana e babbo Alberto. Ecco, in rapida carrellata, le specialità della casa, per tutti i palati e le tasche. “La Bertoni 1949 – viene spiegato sul sito, popolato da immagini super fashion – utilizza materiali di lusso per clienti d’elite: la pergamena, il cuoio francese e l’alligatore, nelle tipiche tonalità esclusive della maison: l’arancio, il bianco, il blu, il testa di moro”. Ma in catalogo c’è anche “il testa di morto”, la valigetta più richiesta sul mercato statunitense, gettonatissima dai Bankster di Wall street.
Ma ecco una pennellata di storia: “in passato la Valigeria Bertoni ha lavorato molto con i paesi Arabi, dove principi e principesse chiedevano bauli e bagagli, ma anche una carrozza. Con il nuovo brand Bertoni 1949 è presente nello show room di via Bigli a Milano, ma anche a Barcellona, in Canada, a Londra, negli Usa, in Asia, negli Emirati Arabi”. Quando l’export tira.
Se però non gradite la bellezza artigiana di casa nostra, potete fare un salto a Parigi, oppure ordinare – tempo medio di attesa, in questo caso, circa due anni – una Hermes della linea Birkin. Sì, la celebre ex star Jane che accese – narrano le storie – la fantasia di Jean Luis Dumas, non il padre dei Moschettieri, ma lo stilista di casa Hermes. Note per la spesa: il prezzo di una Birkin può oscillare da un minimo di 6 mila euro a un massimo di 120 mila. Ma ci sono anche le occasioni: ad esempio, una Birkin Bag tempestata di diamanti è stata battuta all’asta per la modica cifra di 65 mila euro. Una golosona di Birkin è la Spice Victoria, consorte del celebre calciatore David Beckham: ne ha una piccola collezione da 1 milione e mezzo di sterline.
Peccato, Ballarò avrebbe potuto illustrare anche la gamma di modelli della maison Hermes, documentandoci ad esempio sulla conturbante bellezza delle pink Birkin, ossia le Birkin rosa, si ritiene realizzate con rare pelli di pantere rosa degli altipiani afgani, qualche dozzina di esemplari al mondo. Un po’ come i Gronchi rosa d’un tempo.
Dal salotto di Giannini – però – è arrivato un ottimo assist per le nostre fiamme gialle: perchè non fare una capatina nell’atelier varesotto, tanto per chiedere una “lista clienti”? E caso mai scoprire che il loro 740 è attestato sui mille euro di entrate annue?
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