E’ una verità terrorizzante: l’Isis, quando e dove vuole mette in ginocchio la sicurezza dei Paesi occidentali e non c’è sistema di difesa, per quanto efficiente, che possa scongiurare il pericolo di attentati. I terroristi lo hanno dimostrato in mezza Europa e nulla sono valsi l’allerta, le strategie di prevenzione, i controlli severi, per altro impossibili su milioni di voli e di treni, metropolitane, navi. Rassegnarsi o sconfiggere militarmente il Califfato? Non c’è una terza alternativa? Il pensiero va inevitabilmente all’approssimarsi del Giubileo. E’ ipotizzabile scongiurare il rischio di attentati se Roma sarà invasa da milioni di persone provenienti da tutto il mondo? Purtroppo il timore che l’evento sia scelto dall’Isis per colpire il cuore del cristianesimo obbedisce alla logica e al rischio più volte minacciato “Roma, stiamo arrivando”. Il tragico episodio dell’Airbus russo esploso nel cielo del Sinai aspetta solo la prova certa che la strage è opera della mano omicida dei fondamentalisti islamici, che l’hanno rivendicata. Alla morte di oltre duecento passeggeri si sommano i disagi di ventimila turisti bloccati a Sharm el Sheik per il rifiuto delle compagnie aeree di sorvolare territori presidiati dall’Isis. La paura dilaga e coinvolge altri luoghi del turismo internazionale, le Maldive, la Thailandia, Bangkok, Malindi, la Tunisia, in pratica tutti i luoghi storici del turismo e le capitali europee obiettivo di azioni dimostrative (Parigi ha vissuto, e non solo quello, il dramma dell’attacco sanguinoso al giornale satirico Charlie Hebdo). L’esito parziale del panico seminato impunemente da esecutori di attentati disposti a immolare la vita, plagiati da spietati vertici dell’islamismo, è la consapevolezza globalizzata dell’impossibilità di contrastare fanatici kamikaze. E’ ingenua l’illusione di stroncare il terrorismo sganciando bombe e missili su territori sempre più ampi controllati dalle milizie del Califfato e sembra coinvolgere anche l’Italia, pronta con i suoi aerei a colpire con missili e bombe. E allora? Allora non c’è un’idea condivisa sul che fare e il pericolo di una guerra rischiosa, quanto quella fallita in Iraq e Afghanistan, ricorda molto da vicino la sciagurata decisione americana di invadere il Vietnam, la fine ingloriosa di quel fallimentare intervento armato.
Paga il “grillismo”
Gongolano Grillo e i suoi web fans, i luogotenenti del ristretto cerchio di uomini e donne ad alta visibilità televisiva e parlamentare che sbavano ad ogni sondaggio che li conferma in crescita. Sognano ad occhi aperti di accedere al potere locale e nazionale che li trasformerebbe da semplici portavoce di Casaleggio a sindaci, presidenti di regione, ministri, “ad” di enti statali, manager bancari, presidenti e direttori generali della Rai, grazie alla consolidata prassi dell’accaparramento di ruoli dominanti di chi vince le elezioni. Incredibile. L’odore di un presunto successo di Cinquestelle nelle urne delle prossime votazioni, inebria oltre il rampante Di Maio e compagni, anche opportunisti di ogni parte politica evasi dal partito che li ha eletti e pronti a saltare sul carro dei supposti vincitori.
Così si dice di qualche esule dal Pd che in nome del dissenso sulle cose di sinistra sempre più rare, non confluirebbe nella Cosa Rossa di Fassina e Vendola ma nel promettente grembo grillino.
Per capire lo stato confusionale della sinistra è significativo il contributo dell’ex Corradino Mineo. Insinua che Renzi è dipendente dal bel ministro Boschi (allusione sessista?). Poi, censurato universalmente, innesta la marcia indietro, com’ è costume di chi lancia la pietra e ritira la mano. Rimane la sua accusa al presidente del consiglio di essere un segretario fragile del Pd e di essere subalterno al suo ministro. Grillo se la ride.
Nella foto un ilare Beppe Grillo
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