Si chiama Touil ed è il giovane marocchino che una sciatta caccia alle streghe ha imputato di strage dell’attentato al museo tunisino del Bardo. L’accusa, pesantissima, di esecutore dell’attentato, gli è costata la condanna al carcere e a nulla è valsa la testimonianza della madre che ha dichiarato più volte, inascoltata, di essere stata con il figlio, in casa e in Italia, il giorno dell’assalto al museo. Accertata con sei mesi di ritardo la non colpevolezza di Touil, debilitato anche mentalmente dalla carcerazione aggravata dall’isolamento, l’Italia lo espelle perché clandestino e lo manda nella sua patria, il Marocco, Paese che notoriamente persegue anche è solo ritenuto vicino all’Isis. Insomma il danno e la beffa. Non sarebbe richiesto maggior rigore nelle indagini su terrorismo e presunti autori di attentati? Sarà ricompensato il giovane Touil per i mesi trascorsi in carcere da innocente?
Nella foto Touil
Share, chi sale, chi scende
Le indagini di specialisti che sottopongono a monitoraggio gli indici d’ascolto televisivo penalizzano chi intrattiene rapporti “sani” con i palinsesti confezionati dai grandi network e conserva autonomia di scelta, aborrisce la mediocre offerta della Tv che si propone di catturare spettatori e committenze pubblicitarie, tanto più consistenti quanto più alto lo share dei programmi messi in onda. Chi fa le spese della mediocrità è dimostrato dal successo di troppi format, importati, che incontrano il favore di un pubblico diseducato alla qualità. Un fenomeno è certamente la reiterazione di serial show monopolizzati da un paio di figli prediletti dalla Rai, al secolo Carlo Conti e Antonella Clerici, che saltellano tra fornelli, quiz, performance di mocciosi canterini (in calo di ascolti, meno male), imitatori di cantanti veri e Festival sanremesi, elezioni di miss e mister più belli d’Italia. In grande spolvero c’è “Tu si que vales” , inedito fenomeno da sabato sera (ma non si potrebbe riproporre qualcosa di simile al sobrio e qualitativo “Senza rete” ?). Impazzano le fiction, basta fare zapping dal canale 104 in su, si gratta il fondo del barile per riempire buchi di palinsesto con film ante e post guerra (Amedeo Nazzari, il sempiterno Totò, “I soliti Ignoti” record di repliche). Sono in caduta libera i talk show a trazione politica come il vetusto Ballarò e i suoi fratellastri di RAI 2, Rete 4, Canale 7. Meglio Floris di Giannini, ansimano riedizioni di rubriche storiche come “Il processo del lunedì”, prosegue imperterrito Vespa con i suoi plastici di case dell’omicidio, pomeriggi interi sono occupati da aule di tribunale televisivo che vedono gli uni contri gli altri armati suoceri e generi, madri e figlie, sorelle e fratelli, contrapposizioni preordinate di opinionisti (Alba Parietti???) e giurie litigiose. Non c’è più lo “Zelig” di Claudio Bisio e la quota di comicità televisiva ne risente. Ascolti in discesa. E’ al 6,5 di share il “Quinta Colonna” di De Debbio, che ubriaco di autoreferenzialità si candida a correre per la presidenza del consiglio (anche le pulci hanno la tosse). Marcia spedito “Chi l’ha visto” che mira e colpisce il pubblico dei catastrofisti. Galoppano scempi televisivi, il “Grande Fratello” per guardoni è il portabandiera di genere, dilaga lo sport, tutto lo sport e la Rai è surclassata non di poco da Sky, che litiga con Mediaset per i diritti del calcio teletrasmesso. Che altro? La fatica del telespettatore alternativo nella ricerca di buon giornalismo, buoni film, buona televisione.