Non depone bene la bugia di un bambino con le dita sporche di marmellata che nega di averla mangiata contro il divieto della madre, ma che dire del sindaco della capitale se dice di aver pranzato e cenato con ospiti istituzionali, sbugiardato dai ristoratori che interrogati hanno rivelato che Ignazio Marino quei pasti li ha consumati con i familiari a spese del Comune? Il risvolto etico delle bugie apre il capitolo delle aggravanti da addebitare al sindaco che non è un tizio anonimo ma il rappresentante di un’istituzione importante come poche a cui la grande visibilità impone comportamenti senza macchie. Se poi le bugie sono la copertura di una truffa, qual è considerato l’uso improprio della carta di credito del Comune, la permanenza al governo di Roma è fuori luogo e le dimissioni dovrebbero essere formalizzate a “tambur battente”. Non è stato così e Marino le ha rassegnate solo quando il suo partito le ha imposte. L’ex chirurgo prestato alla politica non si arrende, parla di complotti per discreditarlo e dichiara che entro i prossimi venti giorni deciderà se confermare o recedere dalle dimissioni. Il suo resistere all’evidenza di comportamenti esecrabili ricorda la vignetta che accompagnava una delle raccolte di editoriali firmati da Fortebraccio per l’Unità. L’immagine ritraeva Andreotti saldato alla poltrona con una grossa vite.
Nella foto Ignazio Marino
Problema antico: tutti uguali per il fisco
Per contare tutte le inutili analisi del fenomeno che impoverisce l’Italia e le sottrae i miliardi dell’evasione fiscale servirebbe un capace pallottoliere. Nel corso di decenni, trascorsi senza affrontare il buco nero di chi non paga le tasse, si sono sprecate le dichiarazioni d’intenti dei governi di destra, centro e di sinistra, finite nell’angolo buio della mancata attuazione. Nessuno se l’è sentita di toccare i privilegi di ogni categoria di ricchi che evadono impunemente e sottraggono al Paese, cioè a tutti gli italiani, risorse che potrebbero contribuire a finanziare il welfare, a sostenere gli oneri di servizi essenziali come la scuola, la sanità, a garantire l’assistenza economica ai senza lavoro, ad abbattere anno dopo anno il debito dello Stato. Poco o nulla fa il governo Renzi per invertire rotta e colpire finalmente l’evasione, anzi contribuisce a preservare i privilegi delle classi agiate. Ultimo atto di questa mancanza di determinazione a sanare un vulnus inaccettabile è nella perequazione prevista dal progetto governativo di abolizione della tassa sulla prima casa. Non sarà azzerata solo per chi ha redditi medi e bassi, ma per tutti, anche per i proprietari di ville prestigiose, palazzi lussuosi e perfino castelli. E’ la solita storia, la conseguenza di un sistema che ignora l’abissale discontinuità di risorse tra ricchi e poveri, che non introduce criteri di proporzionalità nella tassazione e colpisce in uguale misura pensioni modeste e ricchi contribuenti. La “pigrizia” comune a governi conservatori e progressisti copre la comune e consolidata tendenza a non disturbare il manovratore, in questo caso i privilegi delle classi dominanti.
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