Una delle privazioni più invalidanti imposta dalla Chiesa ai sacerdoti è sicuramente il voto di castità, condizione umana che viola clamorosamente il dettato di Dio “crescete e moltiplicatevi”. Dall’imperativo categorico di negare la propria sessualità e di non sposarsi, discendono nefandezze che hanno mortificato, forse non ancora fino in fondo, il clero cattolico implicato in centinaia di scandali di cui è protagonista. L’ignominia di abusi sessuali, vittime bambini e ragazzi, è imputata a parroci, vescovi e a qualche cardinale che ha coperto questo bubbone, denunciato senza remore dal papa. Qualunque persona accreditata di conoscenze della fisiologia umana chiarirebbe, senza timore di essere smentito, cosa accade in uomini e donne che reprimono l’istinto ad accoppiarsi, ad assecondare le esigenze di una normale vita sessuale. Protervamente e senza un perché ragionevole, la chiusura all’autocondanna di parte della Chiesa continua a ignorarlo e si rende responsabile di “peccati mortali” contro natura. Un capitolo a sé è il rapporto del clero con l’omosessualità, condannata, aborrita, come se la rigida ostilità per gay e lesbiche possa cancellare questa realtà, più ampia rispetto a quanto emerge, con atteggiamenti di rifiuto, da aggredire con la gogna e, fossero tempi da santa inquisizione, magari mandando al rogo i “diversi”. Senza il preannuncio di lampi e tuoni in lontananza, è sconquasso nel Vaticano per il tifone Charamsa, prestigioso docente di teologia e titolare di importanti incarichi ecclesiastici che con coraggio e consapevolezza delle conseguenze rende noto al mondo “Sono omosessuale e ho un compagno”. Il prelato annuncia la prossima pubblicazione di un libro che chiarirà come è maturata la decisione di accantonare le remore imposte dalla Chiesa, affidata a un illuminante e inedito rapporto con la religiosità, nella sopravvenuta convinzione che l’astinenza dall’amore, in qualunque forma, è disumana. L’amore omosessuale, secondo Krzysztof Charamsa, ha bisogno di una famiglia, che sia tradizionale o formata da gay, da lesbiche. La quota di clero, ancorata al conformismo di regole vecchie di secoli, reagisce scompostamente alla rivelazione del monsignore polacco, ne minaccia l’espulsione, forse la scomunica e si prepara alla congiura del silenzio per far dimenticare in fretta il coraggio di un sacerdote che osa sfidare la casta dei cardinali conservatori e le difficoltà che dovrà affrontare una volta spretato. L’uragano Charamsa non coincide per poco con due significativi e contrastanti incontri americani di papa Francesco. Bergoglio si è intrattenuto con Kim Davis, incarcerata per aver rifiutato licenze matrimoniali a coppie gay. Il giorno prima ha incontrato e abbracciato un amico argentino gay con il suo compagno. Senza attribuire all’episodio l’intenzione del papa di accantonare il tabù della Chiesa sul mondo dell’omosessualità, è possibile prevedere nuovi contrasti tra Bergoglio e lo zoccolo duro dei cardinali conservatori che negli ultimi giorni hanno cominciato a manifestare apertamente ostilità per il papa “marxista”.
Nella foto di corriere.it monsignor Charamsa
Parlamento? Da vietare al telespettatore
Non produce effetti rilassanti il pacato commento del/della giornalista, che fuori campo, su Rai3, prova abitualmente ad agevolare la comprensione delle astruserie che caratterizzano gli interventi nelle aule parlamentari; gli appelli alla calma non riescono a sottrarre “vivacità” al dibattito, praticamente una rissa con insulti, contatti fisici, grida caciaresche, imprecazioni tra settori di destra e di sinistra dell’aula, esposizione di cartelli con slogan insolenti, bocche imbavagliate, faticosi interventi pacificatori dei commessi, scampanellate dei presidenti di turno di Camera e Senato. I più scalmanati? Leghisti e 5Stelle, un tempo la destra neofascista, detengono il primato di grida, insulti, tentativi di venire alle mani. Succede però che tale Lucio Barani, gruppo misto Ala, nato dalla scissione interna a Forza Italia con l’esodo di Verdini e di un gruppetto di adepti, abbia mimato con volgare gestualità il sesso orale, in direzione della grillina Barbara Lezzi. Apriti cielo. Con voce rompitimpani ha reagito la pentastellata offesa e l’ha spalleggiata la collega Taverna, tra le più acide e aggressive contestatrici della casta. Barani ha smentito di aver fatto il gesto offensivo e volgare. Forse i filmati dirimeranno la questione, ma nell’immediato gli esasperati toni antiparlamentari della rissa hanno costretto il presidente Grasso a sospendere la seduta. Torto e ragione si confondono. E’ grave, se confermata, la volgarità di Barani, è da condannare l’abuso di ingiurie e insulti omofobi dei 5Stelle, primo fra tutti Grillo e il suo velenoso blog. L’appello ai partiti e alla Rai è di escludere dai palinsesti televisivi le sedute di Camera e Senato, evitando agli italiani l’immagine di un Parlamento di cialtroni rissaioli.
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